Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/360

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facendo mill’altre somiglianti faccende per tante ore d’ogni giorno che non sia festa? Deh, in vostra malora, frati miei, lasciate una volta que’ vostri parlari anfibologici, anzi che teologici; e, senza piú darvi il ridicolo affanno di mandar l’anime altrui dove non pare v’abbiate troppa frega d’andare voi medesimi, contentatevi d’esortare colle piú semplici parole il popolo ad industriarsi e ad affaticarsi ciascuno il piú che può, onde procacci a sé ed alla sua famiglia ogni bisognevole, e sto per dire anche ogni superfluo, senza piú fare que’ tanti sforzi che fate per rendere le vostre udienze scioccamente dotte come voi siete! La fatica e l’industria di tutti gl’individui d’un popolo è quella che mantiene i paesi, che li prospera, che li rende atti a difendersi; e non le vostre scimunite sottigliezze teologiche o non teologiche, evangeliche o non evangeliche, cristiane o non cristiane. — Ma, don Vittorio, volesselo Dio che i frati si contentassero di soltanto parlare un gergo mal inteso o mal interpretato dal volgo! Volesselo Dio esortassero soltanto le genti colle prediche e coi libri divoti ad esser anzi povere che ricche! L’imperiosa natura e l’urgente necessitá s’hanno entrambe una rettorica molto piú efficace che non la fratesca, e basterebbono e strabasterebbono a somministrare un buon antidoto contro i veleni tuttora sparsi dalle goffe bocche e dalle goffe penne di questi incappucciati ciarlatani! Un altro male, che la societá riceve dal loro essere in troppo gran numero, è quello che la loro poca imbrigliata umanitá cagiona ai costumi, spingendoli a sballare in privato delle dottrine assai diverse da quelle che spacciano in pubblico. Ma, perché il toccare questo punto mi condurrebbe mio malgrado a dire delle cose difficili a dirsi con parole caste, a sviluppare certe idee da far recere le budella ad ogni modesta persona, e insomma a scoprire degli altari eretti a quel nume comunemente chiamato Satanasso, permettetemi ch’io non entri in questo lecceto, anzi pure nella piú vasta e piú profonda pozzanghera che l’Italia s’abbia, e che m’affretti a spiegare un modo da me ghiribizzato di scemare, se non di togliere intieramente dal mondo, tutte queste fraterie che gli nocciono tanto per tanti versi.