Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/207

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vi sta a meraviglia. A cavalcioni su que’ biondi cernecchi se ne stanno gli amori, saettando vicini e lontani....

- Basta, basta, Onofrio! Siete un vero diluvio.

- Nel quale la vostra bellezza va incolume come l’Arca. -

E detta quest’arguzia, il marchese Onofrio arrovesciò il capo sulla spalliera della poltrona, ridendo a crepapelle e sfrombolando l’aria co’ suoi eterni sbruffi.

Lorenzo non aveva ancora aperto bocca. Egli stava rannuvolato guardando il conte palatino, il quale, dopo aver baciato la mano alla contessa, si era fatto in disparte, e taceva, come un innamorato in ufficio.

- Suvvia, non ci perdiamo in chiacchiere! - disse Matilde. - Sarà tardi, io credo.

- Sono le dieci! - soggiunse l’Alerami, cavando dalla tasca del panciotto il suo orologio contornato di brillanti.

- Orbene, - proseguì la contessa, - poichè mi avete detto il vostro parere, andatevene nel salotto, ch’io mi vestirò in fretta.

- Oh, non istate a darvi tanta premura, - disse il marchese. - Purchè andiamo alle undici, giungerete sempre in tempo, anzi comparirete sul più bello, come una dea di Omero nel più forte della mischia.

- Benissimo; lasciatemi dunque indossar l’armatura. Se volete giuocare, aspettandomi....

- Vi obbediremo, contessa; - disse il conte Alerami. - Signor Salvani, vuole Ella fare una partita?

- Non giuoco, signore.

- Giuocheremo una partita innocente. Appena una piccola posta, tanto per tener vivo il giuoco.

- Tanto meglio per Lei, signore; - ripigliò Lorenzo con asciutta cortesia; - la sua borsa non ne patirà danni troppo gravi, nel caso che il marchese De’ Carli fosse il fortunato. -

Matilde, avvedutasi della brutta piega che stava per prendere la conversazione, si affrettò a soggiungere in quella che volgeva un’occhiata severa a Lorenzo:

- Il proverbio dice: chi ha fortuna in amor non giuochi a carte. -

Il marchese Onofrio fece un inchino e una risata, per ringraziar la contessa. Lorenzo, dal canto suo, stette saldo, aspettando che il conte palatino gli dicesse qualche altra impertinenza. Egli, in fin de’ conti, non aveva fatto altro che respingere, con modi cortesi, sebbene asciutti, un assalto del suo fortunato rivale.

Ma questi, che si sentiva punto sul vivo dall’accento sarcastico