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Chi non si ride della vanità di quel Greco Scultore,
che comparito sott’abito d’Ercole inanzi ad Alessindro,
Sire, disse, la virtù del vostro cuore, il valore della vostra
spada v’hanno mutato il mondo in un tempio d’onore.
Manca solo, che ci abbiate la statua; la quale non dovrà
essere a misura di quelle che per altrui si lavorano. La
virtù vostra gigante, che gareggia co’ Dei, non dee pareggiarsi con gli uomini. lo, ambizioso di consagrare le
mie fatiche col vostro nome, e di rendere non tanto voi
immortale negli sforzi della scoltura quanto la scoltura
medesima onorata in voi, m’offerisco d’intagliarvi nel
più alto monte del mondo, e farvi pari al Cielo, poiché
sete maggior della terra. Eccovi fin dalla Tessaglia Ato,
il Re dc’ Monti v’inchina l’altere sue cime, e supplica di
trasformarsi in voi. lo lo taglierò a tal disegno, che vi riesca un piè in mare e l’altro in terra, e questi due grandi
elementi vi servano come di base. Farò che da una mano
versiate un fiume cadente da una grand’urna, nell’altra
tenghiate una città. Né sarà gran cosa, che abbiate in
mano una città e un finme voi che avete tutto il mondo
in pugno.
Alessandro, con un medesimo sorriso accettò e rifiutò la smisurata offerta dello Scultore. Avea ben’egli quanto mai alcun’altro un’acceso desiderio di comparire al mondo grande, e farsi nella memoria de’ posteri eterno; ma volea esser conosciuto dal mondo un gran Guerriero, non un gran Colosso. Onde, ricusati gli scarpelli di Stasicrate, desiderò la penna d’Omero, e chiamò avventuroso Achille, perché da sè ebbe il valore e da Omero le lodi, da sé il marito e da Omero la gloria. Deh! perché non era meglio, a chi pieno d’eroiche innumerabili imprese non avea bisogno di favole per ingrandimento, avere anzi uno Storico che un Poeta? E se questo, perché avere ad invidiare ad altrui la gloria di farmi felice col farmi eterno, se posso da me stesso ottenerlo, facendomi tanto brava con la penna quanto con la spada la mano?
Tralascio la necessità, che nel mestier dell’armi v’è,