Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/66

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Stima del suo sapere, con dispregio dell’altrui.


Non è sì piccolo il capo d’ un’ uomo, che, meglio del favoloso utre d’ Ulisse, non sia capace di quanti venti spirano fasto e alterigia, niente meno gagliardi per metter sossopra la terra e il mare, di quello che sieno i turbini per sollevar tempeste, e l’ esalazioni imprigionate nelle caverne sotterra per riscuoterla con tremuoti. Lo sanno per lor parte que’ miseri Letterati, che, non so s’ io dica pieni o anzi vuoti di sé stessi, si veggono andar sì trionfj, che sembrano portar sé stessi in carro e in trionfo. Essi sono i Sauli, che tengono sopra gli altri, ab humero et sursum, non la testa tanto, come il cervello e la mente. Essi gli Olimpi, a cui le più altere cime de’ monti, i più sollevati ingegni, e l’ anime di più sapere appena giungono a pareggiar le falde, e a baciare i piedi essi i Soli, che soli hanno luce per rischiarar tutto l’ oscuro, e oscurar tutto il chiaro.

Costoro non so se cavassero più le lagrime da Eraclito per compassione, o le risa di Democrito per ischerno. Benché, vi par’ egli che sia degno del pianto d’ un Filosofo, e non anzi delle risa del volgo, un’ Alessarco di professione Grammatico? a cui parendo la sua scuola un cielo; Gli ordini delle panche, che gli stavan d’ attorno, giri di sfere; i fanciulli, che l’ udivano, stelle; i suoi insegnamenti, luce; i nomi, i verbi, i pronomi, gli articoli, ecc, segni del Zodiaco; sé stesso facea un Sole, né voleva essere altrimenti o dipinto o chiamato; ed era colpa, mirarlo senza un certo patimento de gli occhi, come quando nel Sole si affissano. Più gli s’ adatta quel titolo, che Tiberio soleva dare ad Apione Grammatico come lui, e niente meno di lui millantatore, vuoto di senno, e pieno di vento, e per ciò acconcimente detto Cymbalum mundi.