Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/67

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Che vi par di quell’ altro, Rennio più tosto Pallone che Palemone, che andava per le publiche vie piangendo la disavventura del Mondo, che dopo lui si rimarrebbe, com’ era prima di lui, ingnorante; poiché le Lettere, nate con lui, con lui avevano a morire? E in fatti parve che fosse vero; poiché, morto lui, non si trovò né pur’ una lettera, che venisse a scrivergli l’ epitaffio.

Ma oltre a’ termini dell’ ordinaria, anzi pur dell’ umana alterezza passò il superbo concetto, che dell’ ingegno e saper suo avea Alfonso X. Re di Castiglia: uomo di professione Astronomo (di cui vanno attorno le Tavole da lui dette Alfonsine); non però di sì sublime intendimento, né di tanto sapere in quest’ arte, che Atlante gli avesse potuto fidare il Cielo alle spalle, senza pericolo di rovina; ma di sì alta stima della sua testa, che solea dire, che s’ eifosse stato all’ orecchio di Dio quando componeva i Cieli e assegnava i periodi alle stelle, gli avrebbe insegnato a disporre questo lavorio con più ordine e con regola di più aggiustate proporzioni. Or vada Dio a chiedere a Giob, come cosa che trscende le forze del nostro ingegno: Numquid nosti ordinem coeli? et pones rationem ejus in terra? Se Dio vuol’ andare alla scuola d’ Alfonso, questi gli si offerisce maestro d’ Astronomia; e se porterà il volume dell’ eterne sue Idee, gli cancellerà, gli aggiusterà a più chiaro disegno la forma de’ Cieli e l’ esemplare del Mondo.

Sola la pazzia potea difendere questo scemo da’ fulmini del Cielo, dove posuit os suum: e appunto Dio lo trattò da pazzo, usando con lui più compassione che sdegno; e per trargli sangue, come a pazzo, dalla vena di mezzo la fronte, gli levò la corona. Volle che intendesse, ch’ egli non avrebbe saputo aggiustare a forma migliore le rivoluzioni de’ Cieli; e però gli mandò una rivoluzione nel Regno, ch’ egli, con tutti i canoni e le regole de’ suoi calcoli, mai non seppe aggiustare: onde gli convenne, cacciato di casa dal figliulo, ed esule in terra straniera morire.