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SUI COLLI DI SAN MARCO.

14 agosto.

Sulle colline ad oriente di Gorizia la lotta, cominciata con lievi tastamenti, ha acquistato vigore e pienezza sempre maggiori, a mano a mano che i nostri mezzi di attacco sono entrati in azione, ed ha periodi di furore e di impeto, alternati a rallentamenti che dicono la preparazione.

La nostra azione si può paragonare allo sforzo di un uomo che vuole sfondare una porta sbarrata: dapprima la scuote, la studia, la palpa, poi sferra un colpo di spalla; la porta scricchiola, cede un poco, ma non si apre; l’uomo sosta un istante per prendere uno slancio più grande e si precipita con più forza; la porta si sconnette al nuovo urto, qualche chiavistello salta, delle tavole si schiodano; ancora un colpo d’ariete e la barriera forse volerà in ischegge. E l’uomo si appresta a dare una spinta più possente.


Oggi è una giornata di attacco.

La battaglia infuria, ed è su tutta la fronte dell’Isonzo che si combatte, a giudicare dallo sfioccamento delle esplosioni di cui si impennacchia la linea di combattimento, dal Carso al Monte Kuk.