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272 dove è passata la battaglia


nemico e mascherate con legname e bitume per celarle all’osservazione; tutto il Carso, è percorso da un gigantesco sistema di condutture d’acqua impiantato dagli austriaci per la guerra. Ma noi avanzando ritroviamo l’antica siccità, dobbiamo portare ai soldati l’acqua nelle ghirbe come nelle guerre del deserto, mentre da tutte le parti, sulle fontane inaridite, si legge la parola: «Wasser, Wasser, Wasser....» — «Acqua, acqua, acqua......»

Le posizioni da cui è partito l’assalto sono vicine. Muricciuoli, e fosse, e buche, uno sparpagliamento di sacchi a terra, un disordine di cose abbandonate, quella dispersione di roba che lascia la battaglia. Dalla truppa che si slancia cadono sacchetti, elmetti, coperte, pacchi di cartucce, bombe a mano, guaine di baionette, gamelle, teli da tenda, come se la massa di uomini in corsa veemente sotto al fuoco fosse rimescolata e squassata dalla furia di un ciclone, da una forza che lacera e che strappa. Sfuggono oggetti da chi incespica, da chi cade, da chi si urta. I soldati debbono salire, scendere, scavalcare, saltare, balzare su mille ostacoli, attraverso il terreno spezzato, fra rocce, murelli, cespugli, alberi abbattuti, intrecci di filo di ferro, crateri di esplosioni, e le ondate dell’assalto, come le ondate di una tempesta sulla spiaggia battuta, abbandonano infiniti e informi avanzi.