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150 capitolo vii.


come la più appropriata delle similitudini; ma non pensavamo allora che nel deserto vero la lente dovesse crescere di tanti gradi. Comprendevamo bene perchè le carovane non camminassero durante il giorno. Ma noi non potevamo e non volevamo fermarci. Ogni nostro sollievo era nella velocità.

Non trovammo che un pozzo. Verso le dieci scendemmo un altro gradino, un’altra riva che probabilmente rappresentava una tappa del mare nella sua lunga ritirata, durata forse miriadi di secoli, verso l’annientamento. Il suolo era biancastro di salsedine. In certi punti mi ricordava i dintorni del Lago Asfaldite nelle vicinanze di Gerico, ma senza le verdure del Giordano. Correvamo sopra una terra estinta. Una terra che visse troppo presto. Chi sa, forse avevamo intorno a noi la precisa visione del mondo futuro, del nostro mondo fra milioni d’anni, disseccato, morto, disteso sotto un’inalterabile serenità che gli darà un aspetto lunare nelle lontananze infinite del firmamento.

La parte più truce del deserto è lunga appena sessanta chilometri. Le carovane cercano di attraversarla in una sola marcia. Riempiono d’acqua otri e barili agli ultimi pozzi, e partono alla luce delle stelle. La loro strada è segnata dal biancheggiare degli ossami. Ossa di cammello, di mulo, di bue, di cavallo, sono disseminate un po’ su tutta la via carovaniera, ma nel deserto è quasi continua questa traccia di massacro. Spesso la tormenta vi sorprende i convogli, li isola nell’opacità della sabbia sollevata a turbini, li costringe a fermarsi, e allora ammazza. Tutte le bestie vecchie, o stanche, o spedate, è lì che cadono. Quella è la regione delle agonie.

Vi è diffuso un inesprimibile senso di morte; viene non si sa da che, dal lugubre aspetto del paesaggio forse, dalla stranezza opprimente dei suoi profili nudi, dall’infinita eguaglianza di colore, o meglio ancora dal grave silenzio angoscioso; emana da tutto, e dà l’idea d’un pericolo ignoto e imminente, d’una continua minaccia, di un’insidia, di un agguato inimmaginabile al quale ci si prepara rassegnati. Non si ha che un pensiero, un desiderio