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nel deserto di gobi 155


franti e stupiditi. Che cosa era il nostro viaggio paragonato al loro? Ricordammo quel pellegrino incontrato dal Principe presso Nan-kow, quell’uomo che avrebbe attraversato il deserto baciando la terra ogni tre passi, e pensammo che i due cinesi incontrandolo avrebbero forse avuto di lui quella pietà che noi provavamo per loro....

L’acqua dei pozzi era limpida e gelida. Dopo esserci dissetati ne empivamo il secchio, ed ogni tanto, durante la corsa, ce ne passavamo dei bicchieri colmi. Fra gli effetti del calore ne constatavamo uno almeno utile: il poco consumo di benzina. Nella miscela esplosiva, che scoppiando per l’accensione della scintilla elettrica produce la forza motrice, entrava in minima parte il vapore di benzina. Ce ne accorgevamo dal funzionamento della valvola che automaticamente immette aria nella miscela; essa aveva bisogno d’essere allentata completamente, ed era evidente che l’aria entrava nel carburatore in proporzione straordinaria. Borghese osservava che andavamo più ad aria che ad essenza.

Col progredire del giorno il calore aumentava. Il sole, sorto alla nostra destra, dopo averci girato alle spalle, cominciò a sferzarci dalla sinistra. Alla partenza da Pechino io avevo disprezzato l’elmo di sughero del quale il Principe ed Ettore s’erano forniti, e sfidavo gli ardori del Gobi con la modesta protezione d’un cappello di Panama, la cui falda si sollevava tutta sulla mia fronte per effetto della velocità scoprendomi completamente il viso. In poche ore il sole ci trasformò in maschere grottesche, ed io, ahimè, fui la più grottesca. I volti ci divennero d’un rosso vivo gonfiandosi, e doloravano; non potevamo sopportarvi nemmeno il leggero contatto del fazzoletto. L’acqua fresca, che nei giorni precedenti ci procurava delle abluzioni deliziose, produceva un bruciore sgradevole. Qua e là, su delle macchie più scure, la pelle si sollevava. Avevamo l’impressione di subire un lento processo di cottura. Gli occhi arrossati bruciavano, e le labbra erano enfiate, inaridite, screpolate. Ettore specialmente soffriva nella