Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/236

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190 capitolo ix.


lutammo con effusione; da una porticina si protese una testa di barbuto mujik, subito scomparsa forse per dare l'annunzio dei nostro arrivo.

— Ma siamo già in Siberia! — esclamammo congratulandoci come se il viaggio fosse finito.

Al frastuono, la porta della banca si spalancò, ed un simpatico gentiluomo, il signor Stepanoff, direttore di questa sede, si precipitò ad accoglierci festosamente, non senza nasconderci una certa sorpresa per vederci arrivar primi:

— Ma è la bandiera italiana! — esclamava guardando la nostra bandiera che sventolava allegramente a poppa — Proprio! Bene arrivato Principe! Ben arrivati! Ah.... non vi aspettavo, sinceramente! Conosco il deserto, e la vostra macchina mi pareva troppo pesante. Avrei creduto che rimaneste indietro. Ero convinto che la chance delle macchine leggiere fosse.... Insomma, ben arrivati! Per di qua, per di qua, tutto è pronto!

Tutto era infatti deliziosamente pronto. Un intero appartamento era messo a nostra disposizione. Bandiere russe, francesi, e italiane pavesavano le scale. In un grande salone scintillava una lunga tavola imbandita, con venti o trenta coperti, trofei colmi di dolciumi, salviette candide artisticamente piegate: un panorama superbo di cristallerie e di porcellane che ci faceva emettere esclamazioni di sorpresa e di benessere.

— Avvertirò subito il Comitato — ci diceva il nostro ospite conducendoci alle camere.

— Il Comitato?

— Sì, il Comitato russo per il ricevimento della Pechino-Parigi. Lo avvertirò del vostro arrivo. Doveva trovarsi qui a ricevervi, ma non immaginavamo giungeste prima di sera. Ci hanno telegrafato da Tuerin che un’automobile era partita stamane alle sei e mezza. Sono più di 250 chilometri! Scusateci, se il ricevimento è mancato.

Dunque c’era un comitato. Eravamo in piena civiltà occidentale. Pensavamo con riconoscenza a tutte quelle brave persone