Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/416

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358 capitolo xvi.


Lontano dai villaggi, senza speranza d’essere soccorsi prontamente, la nostra posizione era angosciosa. Percorrevamo dei sentieri orribili, che forse sarebbero stati buoni il giorno dopo. Il terreno era tutto fango sconvolto, indurito sui rilievi, molle nelle affossature. Avremmo dovuto andare lentamente per evitare scosse pericolose, e dovevamo invece inoltrare a tutta forza per non affondare. L’automobile spesso cozzava contro ostacoli nascosti, sassi, radici, tronchi sepolti, e oscillava bruscamente, si sollevava, ricadeva di traverso. Dovevamo in certi momenti tenerci ben forte per non essere lanciati sulla via; urtavamo con violenza l’uno contro l’altro. Le molle cedevano, e lo chassis batteva continuamente dei gran colpi secchi sull’asse del differenziale che ci facevano rimbalzare dai sedili. Il bagaglio spezzava le cinghie, le corde, e cadeva; ma non potevamo fermarci finchè non eravamo fuori dal mal passo, perchè fermarsi significava affondare; e perdevamo degli oggetti. Perdemmo un binoccolo, un tub, un astuccio da toilette, e altre cose.

Eravamo storditi, indolenziti; temevamo di udire lo schianto di qualche rottura irreparabile: ci aspettavamo lo spezzarsi delle molle. Tutta l’automobile era talmente ricoperta di fango, che l’aereazione del radiatore s’era fatta impossibile. Il motore costretto ad un intenso lavoro, si riscaldava e mandava vampate ardenti; pareva volesse fondersi. Fra tanta mota non trovavamo acqua per riempire il radiatore che soffiava e gettava buffi di vapore dalla vite di chiusura. Quando quella vite veniva aperta, nella speranza di rinfrescare la circolazione intorno ai cilindri, ne saliva un’altissima colonna d’acqua bollente e fumante, un vero geyser che ci faceva arretrare coprendoci il viso con le braccia. Dovevamo scavare con la pala nel fango, fare delle buche, ed aspettare che vi colasse un po’ d’acqua terrosa per raccoglierne un bicchiere alla volta; e con quella fanghiglia riempivamo il radiatore. Il consumo di benzina era enorme; l’acceleratore doveva funzionare continuamente; eravamo sempre avvolti da nuvole di fumo bianco ed acre.