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392 capitolo xvii.


La città dormiva ancora. L’Om appariva immoto sotto al pallore rosato dell’alba: le oscure ombre dei battelli, dalle ciminiere alte e spente, s’ammassavano presso le rive tanto operose dì giorno. Usciti dall’abitato sulla strada di Tjumen, quando ogni errore non era più possibile la piccola automobile si tirò in disparte per lasciarci passare, e scambiammo saluti con le nostre guide. Nell’entusiasmo lo svedese in sortie de bal estrasse la rivoltella, ed aggiunse agli hurrah! un efficacissimo accompagnamento di detonazioni. Dopo questo saluto navale, l’automobile prese la corsa veloce sulla steppa, che sembrava proprio un mare calmo, verde.

Il cielo era sereno, limpido: si sarebbe detto un cielo italiano, se l’aria frizzante non ci avesse morso le orecchia, il sole sorgeva sull’orizzonte piano. Ritrovavamo il paesaggio eguale, infinito, malinconico, lasciato due giorni prima. Erbe, arbusti, betulle nane, giuncaglie: non vedevamo altro. Ma ne eravamo contenti, non chiedevamo di più; per noi i migliori paesaggi erano quelli che facilitavano la nostra fuga. Spingevamo la macchina alla terza e alla quarta velocità. Curvi, fendevamo l’aria che gonfiava i nostri abiti, che faceva garrire la bandiera a poppa, che rombava impetuosa intorno a noi. Ci sentivamo inebriati come per una libertà riconquistata; ci sembrava di riprendere finalmente un gran volo incominciato laggiù, nelle pianure mongole.

Incontravamo ogni tanto lunghe carovane di teleghe, i cui conducenti dormivano ancora. Sordi ai segnali, essi si svegliavano soltanto quando passavamo loro vicino. Si stropicciavano gli occhi, credendo forse di sognare, e, come tutti i carrettieri siberiani, rimanevano tanto stupefatti da non pensare neppure a calmare i loro cavalli impennati e fuggenti.

I villaggi erano rari: manca il legname per costruirli. Alcune casupole erano fatte con frasche intrecciate: sembravano dei grossi panieri. Ed era singolare udire uscire da quei panieri grida di meraviglia al nostro passaggio. Giungemmo in tre ore alla riva dell’Irtysch, sulla quale sono posti segnali di navigazione; delle boe rosse ondeggiano nella corrente. I battelli a vapore vi di-