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178 la montagna delle folgori


tagna stessa, arcigna, ostile, formidabile, piena di agguati, piena di sorprese, con le sue valanghe che schiacciano baraccamenti e travolgono carovane, con le sue tormente improvvise che acciecano, sperdono e assiderano gli uomini in marcia, quando non li lanciano via come fuscelli nel loro turbine gelato.

Per questo, a combattere la montagna si impegnano masse e masse di uomini. A combattere l’avversario, all’estremo limite della conquista, fra le nubi, non vi sono che degli esili reparti. Si muore più sulle retrovie che sulla fronte.

Perchè sia possibile l’esistenza di una vedetta alla sommità di un picco, è necessario popolare tutte le balze, assicurare la vita normale di migliaia di uomini in regioni che il piede umano non osava calcare per nove mesi dell’anno. Il combattente è il vertice di una immensa piramide. Occorre un traffico vasto e alacre di treni, di camions, di carrette, di muli, perchè alla fine, su rudi scalinate tagliate nel ghiaccio, alcuni portatori possano ascendere ogni giorno, curvi sotto al loro carico, aggrampati alle corde, recando lentamente agli estremi posti gli elementi della resistenza.


Quando ho cominciato l’ascensione, insieme ad alcuni ufficiali che il dovere conduceva alle Cime, la bufera era calmata, ma la vetta del Monte Nero si nascondeva ancora in un grigiore