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212 la guerra nell’aria


fila un poco sul fianco dell’apparecchio che lo precede. Non coprendosi, gli aeroplani possono scorgersi l’uno con l’altro. Ma nella luce, navigando contro al sole, i più lontani svanivano allo sguardo dei nostri piloti, e la squadra pareva senza fine.

Il volo era calmo, stabile, superbo, benché un vento gelato di nord-est rallentasse la corsa. Soffiava a quell’altezza un po’ di quella bora che fa le belle giornate sull’Adriatico.

L’Isonzo è stato valicato a nord del Sabotino e del Monte Santo, incipriati di brina. La valle angusta, cupa, piena d’ombra, sembrava un solco azzurro. Al di là, una tempesta di vette e di pianori sulla quale il biancheggìo delle nevi metteva effetti di spume sulle onde: l’altipiano di Rainsizza. La squadriglia saliva sempre per valicare in altezza i monti dell’Idria. Sull’Isonzo è cominciato il tiro delle batterie antiaeree del nemico.

Non si udivano i colpi e le esplosioni, per il canto possente delle eliche, ma si vedevano le nuvolette degli scoppi formarsi intorno alla squadriglia. Tutto il cielo appariva a momenti punteggiato da nuclei bianchi di fumo fra i quali il volo passava. Un po’ di calma si è fatta sull’altipiano, irto di punte, solcato da labirinti di vallette.

Coperto di neve esso appariva come un caos di candori, sul quale delle vaste selve stendevano qua e là una bruma fulva. Le strade