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la rappresaglia 213


sui pendii nevosi erano dei filamenti tortuosi, sottili e oscuri. I villaggi alpestri formavano minuscole macchie brune, degli aggruppamenti di ombre. Volando col sole di fronte, tutta quella regione d’alta montagna si vedeva soffusa di colorazioni glauche; aveva diafanità incorporee, leggerezze vaporose; sembrava dovesse essere molle come un panorama di nubi se i rilievi maggiori, percossi dal sole, non avessero sollevato profili taglienti e luminosi, bagliori di ghiacci netti e violenti.

Invece le vallate più vaste, a destra, verso Aidussina, verso Vippaco, verso Adelsberg, sparivano nella foschìa delle bassure ampie, fumose, giallastre, indefinite, e delle grandi nubi, più basse delle vette dei monti, quelle nubi che si formano sulle pianure dopo una mattinata di nebbia, coprivano a tratti le valli. Ai nostri volatori sembravano come posate sulla terra. Essi, sorvegliando il cielo, gettavano sguardi di ammirazione al paesaggio fantastico che si svolgeva con solenne lentezza sotto a loro, in fondo al luminoso abisso.


Ad una cinquantina di chilometri da Lubiana è avvenuto l’attacco nemico. L’allarme agli austriaci doveva essere stato dato dall’osservatorio del Monte Santo, dal quale nelle belle mattine la visione può spingersi lontanissima sulle nostre pianure. Forse la squadriglia era stata avvistata mentre ancora si formava.