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228 la guerra nell’aria


i colpi andavano a vuoto. Subito dopo una batteria antiaerea ha cominciato anch’essa a tempestare e il cielo si è punteggiato di esplosioni. Bisognava allontanarsi, e l’«H. 965» è filato via verso l’oriente, continuando ad innalzarsi. I nostri aviatori avevano deciso di andare ad attaccare il nemico lontano sulla via del suo ritorno.

La riva è scomparsa al loro sguardo. Erano quasi le quattro del pomeriggio di una di quelle giornate meridionali, calme e nuvolose, fosche, grevi, velate di brume fulve che sembrano fatte di sabbia. L’idrovolante lanciato all’avventura era solo nell’immensità vaporosa. Per una decina di minuti ha mantenuto la prua a levante, poi ha virato al nord, verso la rotta del nemico. Calcolava che gli austriaci fossero già passati e, contando sulla sua velocità superiore, si proponeva di raggiungerli e attaccarli da dietro. Ad un tratto li ha scorti.

Ha scorto gli ultimi due della squadriglia. Gli altri più lontani erano immersi nella foschìa.

In quel momento un cacciatorpediniere italiano, di ritorno da una missione, navigando in pieno Adriatico, a quindici miglia dalla costa ha visto passare lo stormo degli idrovolanti nemici e, poco lontano, il nostro che inseguiva. Uno contro cinque. L’equipaggio della nave osservava la caccia fantastica in un silenzio profondo pieno di stupore e di emozione. In pochi