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80 la lotta a oslavia


dano confusamente. «Cos’è successo? Chi è colpito? Dove? L’osservatorio? Oh!»

Lì, a qualche passo di distanza un osservatorio blindato di artiglieria è scomparso. Al suo posto vi è un cratere. Il terreno ha cambiato aspetto. Un soldato, ferito da una scheggia, si avvicina a quella buca sinistra, si curva sul suo bordo, e pieno di una speranza disperata chiama a nome gli ufficiali che erano là. Dalla sua fronte cola il sangue nella cavità funerea. Intorno, sulla terra sconvolta sono sparse delle cose irriconoscibili che fumano nell’aria gelida.

«Via, via! Svelti, portate i megafoni per le trasmissioni a voce!» Le osservazioni affidate ad altri ufficiali sono ricominciate, le segnalazioni alle batterie hanno ripreso. L’interesse supremo della battaglia ha riafferrato tutti, subito. Lo scoppio della granata è stato dimenticato come un fatto svanito nel passato. Nessuno vi ha pensato più quando si è udito il grido: Salgono! Salgono!

L’assalto saliva.

Coperti di melma, scivolando ad ogni passo, con i fucili infangati il cui otturatore non si chiudeva più che a colpi di paletta sulla leva, i soldati a sciami si inerpicavano fra i reticolati cercando i varchi. Era un brulichìo grigio dal quale sprizzavano lividi bagliori di lame, e l’urlo dell’assalto si spandeva lontano come il mugolìo della bufera nei boschi. Attaccavano