Pagina:Basevi-Opere di Verdi.djvu/28

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Zaccaria è un primo saggio del genio impetuoso del Verdi, che, per certo rispetto, si avvicina a quello del Rossini, come puoi osservare nell’aria di Assur «Quei numi furenti» nella Semiramide; se non che nel Verdi è atteggiamento costante, quello che nel Rossini nasce dall’opportunità. Ad aggiungere energia alla cabaletta, il Verdi si giovò ancora del contrapposto del coro, che ripete all’unisono parte del motivo.

Un terzettino tra Fenena, Abigaille (soprani), e Ismaele (tenore) porge degno di nota l’allegro che precede l’andante, ove Abigaille dice «Prode guerrier ec.». Molta passione, energia, e nerezza trovasi in questo canto declamato, con cui volle il Verdi imitare la grandiloquenza della musica del passato secolo, senza cadere però nell’esagerazione, che oggi la rende ridicola a noi. L’andante porta un motivo gradevole, che illanguidisce da quando Fenena principia un canto diverso.

Nel coro, che è innanzi al Finale primo, esprimesi acconciamente la scena di agitazione, e di terrore, che ha luogo; prima, mediante la ripetizione d’uno stesso periodo nelle varie chiavi; poi, con certe frasette cromatiche; mentre nell’accompagnamento domina un moto di terzine semplici, dicevoli mollo a dipingere l’irrequietezza degli animi.

La marcia che accompagna Nabucodonosor è svelta, ma troppo tranquilla, e poco conveniente a feroce soldatesca.

Notabile e l’andante del finale primo. È un sestetto con coro, ove spicca pregevolissima varietà, tanto che in 58 battute si svolgono sei principali pensieri musicali, senza