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INTRODUZIONE LXIX

La sua vita fu randagia, e avventurosa, e stentata, come quella del Basile. — In uno dei punti, che a me sembrano più poetici del suo Viaggio di Parnaso, il Cortese immagina di aver ricevuto dapprima da Apollo un tovagliuolo fatato, che bastava che e’ lo spiegasse, perchè si trovasse innanzi ogni ben di Dio:

               No piezzo di vetella sottestato,
               E no pegnato propio a boglia mia,
               Maccarune, pasticce, e caso e pane,
               E grieco, e manciaguerra, e mazzacane 1!

Ed era sicuro di non aver a patir fame. Ma ecco egli incontra un tale, che aveva un dono di tutt’altra natura, un coltello fatato, che, ficcandolo in terra, faceva sorgere mirabili palazzi incantati. E lui, invaghito del coltello, si affretta ad acquistarlo, scambiandolo col più prosaico, ma più utile tovagliuolo. E tardi si accorge del danno, che s’è fatto; gira il mondo, povero, affamato, col suo coltello fatato, senza poter mai trovare il posto da edificare il mirabile palazzo della sua fantasia!

               Dovonca vao, tento la scorte mia
               Pe fare a quarche parte sto castiello;
               Ma chesta tene ognuno ch’è pazzia,
               E dice: a lo spetale, o poveriello 2!

               

E torna a Napoli, e questo pensiero lo fa quasi venir matto, e giorno e notte non fantastica, se non del suo castello:




  1. Viaggio di Parnaso, VII, 6.
  2. Ivi, VII 36.