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quello della donnina era bianco; bianco era pure il manto che le ricadeva a piegoni giù dalle spalle, e tutto cosparso di stelle che rilucevano al sole come brillanti. Gli omettini erano vestiti d’azzurro, lo stesso colore dei cappelli, e portavano stivali lucidissimi con le punte rivolte all’insù. Dorothy pensò che dovevano avere press’a poco la stessa età dello zio Enrico, dato che due di loro avevano la barba. Ma senza dubbio la donnina era molto più vecchia: aveva il viso coperto di rughe, i capelli argentei e l’andatura piuttosto rigida.

Avvicinandosi alla casa sulla soglia della quale stava Dorothy, essi si fermarono bisbigliando qualcosa fra di loro, quasi avessero paura di farsi più avanti. Soltanto la vecchierella si accostò alla bimbetta inchinandosi profondamente dinanzi a lei.

— Sii benvenuta, fata nobilissima, — disse con voce dolce — nel paese dei Succhialimoni.

Noi ti siamo infinitamente grati per aver ucciso la Perfida Strega dell’Est e per aver liberato il nostro popolo dalla schiavitù.

Dorothy ascoltava a bocca aperta questo discorso. Che diamine voleva intendere la donnina col darle della fata e col dire che aveva ucciso la Perfida Strega dell’Est? Dorothy era una bambina ingenua ed innocente che un ci-


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