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Dorothy si mise a singhiozzare a quelle parole, perché si sentiva sola in mezzo a tutte quelle strane persone. Forse le sue lacrime intenerirono il cuore dei bravi Succhialimoni, perché anche loro estrassero i lqro fazzolettini e cominciarono a piangere. La donnina, invece, si tolse il cappello a cono e ne tenne in equilibrio la punta sul suo naso, mentre con voce solenne contava: «Uno, due, tre». D’un tratto il cappello si trasformò in un pezzo d’ardesia che portava scritto a grandi caratteri bianchi, tracciati col gesso:

«CHE DOROTHY VADA ALLA CITTÀ DEGLI SMERALDI»

La vecchietta si tolse il cartello dal naso e, dopo averne lette le parole, chiese:

— Ti chiami Dorothy, cara?

— Sì, — rispose la bambina levando lo sguardo verso di lei ed asciugandosi gli occhi.

— Allora devi andare nella Città degli Smeraldi. Forse il Mago Oz ti aiuterà.

— Dove si trova questa città? — domandò la bimba.

— Esattamente nel centro del regno, ed è governata da Oz, il Grande Mago di cui ti ho parlato.

— È buono? — interrogò ansiosa Dorothy.


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