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106 delle memorie


non meno piú chiara che piú copiosa, e però di quelle si serve, e si vede pur similmente che nella guerra di Giugurta fa il medesimo.

Veggansi primieramente con attenzione i luoghi che adduce lo Strada, ne’ separati libri dell’Istoria di Tacito, e si conoscerá quanto bene l’autore innesti e trasfonda nell’altre parti del suo corpo istorico quelle poche sue digressioni.

Nell’ultima scorre assai lungamente e con molta ragione, percioché dovendo egli descrivere l’assedio memorabile di Gerusalemme, e l’ultimo giorno (parole sue proprie) al quale Tito ridusse non solo una cittá sí famosa ma l’intiera nazione ebrea, quanto conveniva ch’egli nelle sue istorie lasciasse almeno qualche notizia particolare dell’una e dell’altra?

Di Livio non parla punto lo Strada né può parlarne avendolo cosí contrario, e veramente quell’autore non può mostrarsi piú religioso di quello che apparisce nell’astenersi da ogni digressione soverchia; e ciò manifesta egli particolarmente in quel celebre luogo, dove tirato piú dal gusto che dall’occasione volendo paragonare insieme l’armi macedoniche sotto Alessandro magno e le romane sotto Papirio Cursore e sotto altri famosi capitani della republica, egli se ne scusa prima appresso a’ lettori e quasi ne chiede licenza.

E per dire quel che è intorno alle digressioni ancora di Curzio, la sua Istoria n’è fecondissima per le frequenti occasioni che gli nascono di descrivere i nuovi paesi e popoli, che dal grande Alessandro in quei trovamenti dell’Asia venivano quasi prima domati che discoperti; e nondimeno tutte si uniscono sí bene con la materia principale che non potrebbono restarne separate in maniera alcuna.

Per quello poi che tocca all’autoritá di Polibio, il pregiarsene tanto nella sua prefazione lo Strada fa credere a punto ch’egli abbia voluto principalmente imitare quell’autore, il che non vorrebbe dir altro se non che da lui si fosse imitata un’istoria che non è vera istoria. Questo è il giudicio che intorno a Polibio fanno i piú gravi scrittori dell’arte istorica per uscir egli e tanto spesso e tanto prolissamente fuori