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176 delle memorie


e appresso il papa medesimo, come s’egli persistendo nella protezione di Ginevra si mostrasse tuttavia fautore degli eretici e poco zelante a favore de’ cattolici. Ributtò dunque la proposta d’un tal deposito, facendo rispondere ch’era diversissimo il caso d’allora da questo presente, che la Francia non aveva altro prencipe che potesse arrogarsi un’autoritá simile se non egli solo, e che non si scorgeva nel duca pensiero di fare un giusto deposito, essendosi conosciuto alieno da quello che si giustificatamente doveva approvare in nome del papa.

Tornò con tal occasione il duca a mostrarsi desideroso di tal partito con la rinovazione del compromesso nel papa e con dargli piena autoritá di venire all’intiera decisione della causa, e perciò averebbe voluto che il patriarca ne facesse al re la proposta. Ma il patriarca disse liberamente che non poteva farla in maniera alcuna, perché averebbe mostrato che il papa affettasse un partito dal quale per tante ragioni era alieno; soggiungendo che l’esser venuto in persona il duca per aggiustarsi col re aveva fatto mutar faccia alle cose in modo che non si poteva piú ritornare alle trattazioni di prima. Ch’egli però si disponesse all’aggiustamento per tutte le vie possibili e con ogni maggior brevitá di tempo, giá che si vedeva andar le cose sue peggiorando sempre con la tardanza.

Ma in questo mezzo gli ambasciatori di Francia e di Savoia in Roma non avevano lasciato star quieto il pontefice; ora dall’uno ora dall’altro si erano fatte querele acerbissime appresso di lui, dolendosi quello di Francia che il duca fosse andato per voler dar quasi le leggi al re in casa sua, col pretendere di fargli accettare partiti non solo ingiusti ma che si potevano riputar vergognosi; e dall’altra parte l’ambasciatore di Savoia si doleva altamente che il duca si fosse condotto in forma supplichevole a trovare il re ed a porsi nelle sue mani, sperando pure che un tal atto di sommissione dovesse piegarlo piú agevolmente a qualcheduno de’ tanti partiti ch’egli aveva proposti in cosí manifesto vantaggio suo, e che il re in vece di fare prevalere i sensi piú generosi e piú onesti aveva