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libro secondo - capitolo v 185


partito. Il rimanente si riduceva all’amministrazione del governo del marchesato e a materie quasi tutte di giustizia, che avevano riguardo piú agli interessi degli abitanti che a quelli de’ prencipi. Seguí l’accordo in Parigi e ne fu mostrata dall’uno e dall’altro prencipe molta sodisfazione, benché ciò in apparenza si facesse dal duca nel cui animo si vedeva troppo chiaro di giá il pentimento di esser venuto a mettersi nelle mani del re in quella forma, né tardò egli molto a partire lasciando nella corte del re un concetto grandissimo del suo spirito e delle sue maniere, e sopra tutto della generosa e liberale sua natura, nella quale appariva un animo veramente regio e ben degno ancora d’essere accompagnato da regia condizione e fortuna. Trattollo il re con gli onori medesimi alla partita, ch’aveva usato verso di lui al ricevimento, e si procurò in ogni modo ch’egli partisse quanto piú fosse possibile sodisfatto.

Ma uscito dal regno il duca, né anco arrivato in Savoia, si cominciò ben tosto a conoscere chiaramente quanto egli fosse alieno da venire all’esecuzione dell’accordo. Aveva egli prima che partisse dalla corte di Francia spedito a quella di Spagna Domenico Bolli suo cancelliere, con titolo in apparenza di dar conto a quel re di tutta la negoziazione di Parigi, ma in effetto per dolersi altamente che in essa il re di Francia avesse voluto sí rigidamente trattarlo. Doveva esso Bolli giustificar di nuovo l’andata del duca in Francia con le ragioni che giá furono addotte di sopra, e mettere ogni studio maggiore per far conoscere a quel re e a’ suoi ministri quanto fosse dannoso all’istesso re l’accordo fatto in Parigi; che il duca si era indotto a farlo per uscir dalle mani del re di Francia, che per lui non era stata libera l’azione come non libero il luogo; che restituendosi il marchesato rientravano i francesi in possesso di quella parte d’Italia, e non restituendosi ne acquistavano per mezzo del cambio un’altra quasi non inferiore, come si doveva stimare quella di Pinarolo; che si vedeva nel re di Francia una manifesta intenzione di voler turbare le cose d’Italia, e senza dubio con un disegno di molto maggiore danno della corona di Spagna che di pregiudizio