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d'enrico di borbone 275


ciascuna sperando d’ingannare e deluder l’altra. Era vicino ormai il giorno determinato all’esser ricevuta la principessa in palazzo, e non si trovavano i francesi ancora all’ordine con tutte le cose per effettuare la pratica; ond’essi per conseguir qualche dilazione di tempo ricorsero a questo rimedio. Credevasi da loro (se ben vanamente) che ’l marchese Spinola fosse innamorato della principessa. Fra l’altre cose danzava ella mirabilmente e con grandissimo gusto. Ond’essi fecero che da lei fosse pregato lo Spinola ad interporsi con l’arciduca e col prencipe suo marito, accioché la sua entrata in palazzo si differisse ancora per tre o quattro giorni, col simulare d’aver grandissimo desiderio di goder prima una festa di ballo in casa del prencipe d’Oranges, e che ’l medesimo Spinola fosse quello che le presentasse (come s’usa in Francia ed in Fiandra) i violoni. Fece ella con dolcissime parole questa domanda. Ma facilmente lo Spinola conobbe l’artificio che vi era nascosto, e col miglior termine che gli fu possibile vi pose tali difficoltá che la principessa venne a restar fuori d’ogni speranza di conseguir la dilazione desiderata. Afflisse i francesi questa risposta, ma non gli ritenne però dal disegno.

Erasi in un giorno di sabbato che fu il tredici di febraro dell’anno milleseicentodieci, e si credeva di sicuro che la seguente prossima domenica la principessa dovesse entrare in palazzo. Onde i francesi, maturate il meglio che poteron le cose, presero risoluzione di tentar l’impresa ad ogni modo la notte di quel sabbato stesso. E perché il prencipe dormendo con lei non disturbasse la pratica (benché pochissime volte dormissero insieme) fecero ch’ella simulasse il giorno inanzi d’essere inferma. Stavale sempre al fianco l’ambasciatrice di Francia consapevole di tutto il segreto. Coure ancor’egli e l’ambasciatore ordinario si discostavano poco da lei, e tutti stavano aspettando con ansietá che passasse il giorno e che succedessero quelle ore, che si desideravano, della notte. Intanto per via del conte di Bucoy era avvisato di mano in mano l’arciduca di quanto passava. Condé non aveva ancora notizia di sorte alcuna delle cose narrate di sopra, perché l’arciduca,