Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/386

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380 lettere familiari


II

Al padre Arnulfo giesuita, confessore del re cristianissimo, alla corte.

Il cuor supplisce dove mancano le parole. E cosí leggami Vostra paternitá nel cuore l’allegrezza, ch’io ho sentita dell’accommodamento felice, ch’è succeduto fra il re e la regina sua madre, non avend’io parole che possano esprimerla. Maravigliose cose veramente ha operate la divina providenza in quest’occasione, e la Francia appena le può far credibili a se medesima, che ne vede sí chiare pruove. A Vostra paternitá non resta l’ultimo luogo e del merito e delle lodi d’un successo cosí felice; anzi a lei ne tocca parte tanto maggiore quanto ella piú d’ogni altro ha operato nel piú intimo del re. Ma io scrivo in fretta, e non posso esser piú lungo. Spero che presto ci rivedremo. In tanto prego Dio che secondi le risoluzioni del re altretanto di lá dalla Loyra quanto le ha secondate di qua. Basta questo enigma per ora, e per fine a Vostra paternitá bacio mille volte le mani.

Di Parigi, li 16 d’agosto 1620.

III

Alla regina madre, a Parigi.

Io partii da cotesta real corte onorato di tante grazie da Vostra Maestá che ne riverisco la memoria, non potendo mostrarne in miglior modo la gratitudine, e ciò fra me stesso desiderando almeno che le succedano continove felicitá, giaché non posso con i segni esterni esercitar verso di lei piú degnamente la devota mia servitú. Può ben dunque considerare Vostra Maestá per se medesima quant’io goda di quelle dimostrazioni d’onore, di confidenza e di tenerezza ch’ora ha fatto il re verso di lei, dopo la mutazione ultima della corte,