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libro primo - capitolo vi 53


piti. Al medesimo fine faceva studio nella varietá delle lingue, onde aveva acquistato non solamente l’uso della greca, ma dell’ebrea. Nella latina e nella toscana si viddero poi col tempo varie sue composizioni in grossi volumi, i quali però non hanno avuto né gran corso né grande applauso essendosi dubitato che ne’ latini non siano meschiate le fatiche degli altri quasi piú che le sue, e giudicandosi i toscani pieni appunto di toscanismi affettati con eccesso di parole antiche e recondite, e con povertá di concetti fiammeggianti e vivaci. Ma in ogni modo egli merita un grandissimo applauso da tutti i fautori e professori delle lettere cosí per averle professate con tanta riputazione egli stesso come per aver fondata in favore di tutte le discipline e di tutte le scienze la famosa libraria Ambrosiana in Milano, che oggidí viene giudicata per le sue particolari circostanze la piú insigne e la piú celebre che sia in tutta Europa.

Segue ora il cardinale Paolo Sfondrato milanese di sangue principalissimo, che dalla sua chiesa titolare si chiamava di Santa Cecilia. Per un breve spazio di dieci mesi era egli stato nipote di Gregorio decimoquarto, ma con eccesso di autoritá sí grande che non avrebbe potuto in dieci anni acquistarla maggiore. Oltre alla grave etá pativa il zio di molte gravi indisposizioni, e specialmente veniva afflitto dal male di pietra, onde egli in quel tempo breve del pontificato era stato piú in letto che in piedi, e aveva governato molto piú languendo che operando. Passava trenta anni il nipote quando il zio era asceso alla pontificale dignitá, e perciò il nipote trovandosi molto robusto d’anni, e assuefatto molto prima al negozio, aveva con questa considerazione il zio tanto piú facilmente posta in mano sua tutta l’autoritá del governo. Inanzi al pontificato aveva Paolo alcuni anni menata una vita da claustro quasi piú che da corte. Frequentava specialmente la Vallicella; erasi dato a quella congregazione e tutto in particolare alla disciplina di san Filippo e alla familiaritá di Tarugi e Baronio; ma venuto poi nipote di papa non aveva egli ritenuti o mostrati almeno i medesimi spiriti; anzi al contrario