Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/349

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POESIE GIOVANILI E TRADUZIONI di rio nipote? e piangi? Era sentenza scritta in negro da Dio fin da quel punto che tu, qual tauro antico addormentato, cedevi il collo alle ritorte. Or nulla piú giovan le querele; il bacio estremo impetra dunque ai morienti lumi, e nel grembo di lei, che t’amò tanto nei di felici, e fida anco nei tristi fra le squallide volte, i patri lutti teco, e agli stenti solitari venne, cogli affanni depon l’anima stanca. Mesci i negri destili, mesci, o sorella. Scettro e corona a voi? Oh! via da questa tomba, via tutti, sciagurati figli. Frementi dell’orgoglio, a cui l’aurata casa educovvi, invano alle festose promesse la paterna ombra evocate. Tutto è spento col vecchio. E voi, se tanto ancor la luce v’innamora, o vili, dallo scherno incalzati ite raminghi di gente in gente a mendicar la vita. Ma guai se alcuno allo splendor degli avi volge operoso il desiderio. A lui fien contro le funeste ire di guerra, e la spoglia percossa al vincitore stará per lunghi secoli trofeo. Mesci i negri destin, mesci, o sorella. Dal covil della volpe uscia la fera, scossi i mentiti sonni, e ’l capo alzando d’animoso leon spiega la giubba: Giá move, ed a’ suoi prenci Adige mira dal doppio inganno combattuto il nido. Giá rugghia, e ne rimbombali le convalli del selvoso Appennino. E tu alle amene sponde fiorite, ahi ! mesto Arno, t’aggiri ; ché troppo ai figli tuoi senti vicina la tirannica spada. Imperioso del suo gran fischio fa tremar la serva Pisa il colubro alla marmorea torre, e dell’omaggio di Siena altero: