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24 scritti critici e letterari

fredda erudizione scolastica, ma cose proprie e interessanti e sentite nell’anima.

A rinforzarli nella determinazione soccorse loro l’esempio altresí de’ poeti che dal risorgimento delle lettere in Europa fino a’ dí nostri sono i piú famosi. E chi negherá questi essere tanto piú venerati e cari, quanto di queste nuove malie piú sparsero ne’ loro versi?

Cosí i poeti d’una parte della Germania, co’ medesimi auspici, con l’arte medesima né piú né meno, col medesimo intendimento de’ greci, scesero nell’aringo, desiderarono la palma e chiesero al popolo che la desse loro. E il popolo, non obbliato, non vilipeso da’ suoi poeti, ma carezzato, ma dilettato, ma istruito, non ricusò d’accordarla.

A che miri la parola mia, tu lo sai: però fanne senno, figliuolo mio, e non permettere che la paterna caritá si sfoghi al vento. So che agli uomini piace talvolta di onestare la loro inerzia con bei paroloni. Ma io non darò retta mai né a te né a chiunque mi ritesserá le solite canzoni: e che l’Italia è un armento di venti popoli divisi l’uno dall’altro, e ch’ella non ha una gran cittá capitale dove ridursi a gareggiare gli ingegni, e che tutto vien meno ove non è una patria. Lo sappiamo, lo sappiamo. Ma l’avevano questa unitá di patria e questo tumulto d’una capitale unica i poeti dei quali ho parlato? E se noi non possediamo una comune patria politica, come neppure essi la possedevano, chi ci vieta di crearci intanto, com’essi, a conforto delle umane sciagure, una patria letteraria comune? Forse che Dante, il Petrarca, l’Ariosto per fiorire aspettarono che l’Italia fosse una? Forse che la latina è la piú splendida delle letterature? e nondimeno qual piú vasta metropoli di Roma sotto Ottaviano e sotto i Cesari?

— Voi — gridava l’altro dí nella voce dell’ira sua il curato di Monte Atino, l’amico mio dall’anima ardente, — voi, se siete caldi di vero amore per la vostra bella Italia, levate l’orecchio, o generosi italiani. Udite come tuttaquanta l’Europa ne rinfaccia d’ogni parte il presente decadimento delle nostre lettere. È egli da credersi che tanta universalitá di disprezzo sia tutta opera della