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Pagina:Bersezio - La testa della vipera.djvu/69

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LA TESTA DELLA VIPERA 67

Il domani, all’ora appunto in cui Alberto Nori stava aspettando al caffè il suo antico condiscepolo e s’arrabbiava maledettamente di non vederlo comparire, Emilio si presentava in casa Danzàno e domandava di parlare a quattr’occhî al padre di Matilde. Senza preamboli gli disse di essere pazzamente innamorato della cugina e di chiedergliela in consorte. Molto si meravigliò il signor Danzàno, che non s’aspettava mai più una simile domanda; e poco disposto come si sentì subito ad accoglierla, cercò delle scappatoje per non dare lì su due piedi una risposta decisiva. Disse che la ragazza era ancor troppo giovane per pensare ad accasarla, che Emilio stesso a soli venticinque anni, colle abitudini che aveva e la vita che menava, non appariva il più atto ad essere un padre di famiglia, e siccome il giovane insisteva affermando ch’ei si sarebbe affatto emendato e ripeteva tutti i vantaggi che presentava il suo partito, lui ricco, solo, indipendente, il padrino finì per dire che, ad ogni modo, in affare che così da vicino la riguardava, egli avrebbe ritenuto per voto decisivo il volere di Matilde e che dunque a lei si sarebbe domandato il tenore della risposta.

Emilio stette un poco a pensarci, e poi disse:

— È giusto... Sia pure... Ma le domando il favore di parlare io con Matilde e di udire io stesso dalla sua bocca la mia sentenza.

Matilde acconsentì, anzi disse che le piaceva meglio esprimere essa stessa, faccia a faccia, i suoi sentimenti al cugino Lograve.