Pagina:Bettinelli - Opere edite e inedite, Tomo 12, 1800.djvu/262

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258 Lettere

{{Pt|pubblicando alcuno un poema epico, e leggendolo e facendone copia alla sua nazione in rante città, come fe’ Dante, possa cercar di nascondersi e professi umiltà? Tanto sottile non era il monaco veramente, nè seppe dirmi neppur tante belle notizie, come l’altro, a provarmi che le parole di Dante, che pajono a noi rancide, oscure, antiquate, non lo sono altrimenti. E perchè? Perchè al tempo di Dante s’usavano ed erano toscanissime, e lo conferma con quella di austericbe, e tanto peggio per noi se non l’intendiamo oggi, e solo intendiamo quando si dice Austria. Se fossimo nati quattrocent’anni fa intenderemmo benissimo, e tutto nostro è il torto d’esser nati si tardi. Amendue però gli ho trovati d’accordo su quell’altro punto de’ comentarori e glosatori, che son necessari a Dante, rispondendo essi che come per Virgilio e per Omero ce ne serviamo, cosi non dobbiamo ricusarli per Dante. Io perdea la pazienza all’udire sofismi sì manifesti, e tanta mala fede nell’evitare il punto. Voler mettere un poeta di lingua vivente, che dee ser-