Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/138

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130 capo viii.

re, ella assolutamente deve avere le sue dimensioni, e occupare uno spazio; e quindi supponetela una sustanza sottile come volete, semplice come più vi piace, invisibile ai sensi, impalpabile, e dategli qual nome più vi aggrada, è pur sempre materia: e la materia benchè prenda forme infinite che si scompongono per un processo naturale o dell’arte, è nondimeno indestruttibile, e in conseguenza ridotta alla semplicità de’ suoi elementi, debbe avere, principii o spiriti perpetui e inalterabili.

Queste opinioni non sono nè nuove nè contrarie alla fede, perocchè non sono contraddette dalla Scrittura, e furono professate dai più illustri dottori della Chiesa, i quali non pure supposero l’anima corporea e non immortale per sè, ma eziandio corporeo fecero Dio; san Giustino martire lo dichiara in termini molto precisi: «Noi diciamo Dio incorporeo non perchè sia, ma perchè siamo avvezzi ad indicare gli attributi della divinità coi termini più onorevoli; e l’essenza di Dio non essendo sensitiva nè alla vista nè al tatto, noi la chiamiamo incorporea». Non meno esplicite sono le dichiarazioni di Tertulliano, di Origene, di Melitone Sardicense, di Clemente Alessandrino e di altri antichissimi teologi.

Vero è che Aristotele e i Peripatetici ammettevano che l’anima finiva assolutamente col corpo, ma Frà Paolo avrebbe voluto che non fosse insegnato questo filosofo se non colle debite eccezioni. Ciò nondimeno un nunzio di papa non era obbligato a intenderla su questo verso, molto più avendo un privato interesse da far prevalere. Imperciò a Roma,