Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/298

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provato da Dio e vittima vivente dell’inferno? Giovava alla causa romana d’involvere in tale ignominia la Repubblica di Venezia e scinderla dalla Chiesa come aveva fatto co’ protestanti; ma l’opinione tiranna del mondo, ed anco dei despoti, fece paventare a Roma l’abbandono di tutto il cattolicismo. E perciò l’accomodamento colla Repubblica fu con discapito immenso della sua autorità; ed a rifarsene voltò tutto il suo odio contra il consultore di lei, e per discreditarlo e spacciarlo eretico non omise arti od insidie, per quanto inique fossero ed esecrabili. Persino le sue virtù diventarono vizi; Vittorio Siri ripetendo ciò che udiva in Francia dal nunzio pontificio e da altri curiali dice: «È vero che ove arriva e penetra l’occhio e il giudicio umano rilucevano in Frà Paolo tutte quelle virtù morali, cristiane ed ecclesiastiche per le quali sogliono venerarsi, chi le possiede, per persone d’integrità, probità ed innocenza». Ma queste palesi virtù che mai potevano essere se non se, come aggiunge il Siri, fina ipocrisia per ingannare i più oculati? I Romanisti, erettisi a giudici delle più recondite intenzioni di cui Dio solo ha la chiave, usarono ogni sforzo per far credere al mondo che il Sarpi, rigido cattolico in apparenza, fosse calvinista in cuore: andò più oltre il cardinal Pallavicino accusandolo affermatamente uomo senza religione e vero ateo. Scaligero fece la stessa accusa al cardinal Bellarmino.

Ma tutte le calunnie de’ Curiali tornarono impotenti a sviare le conseguenze dell’interdetto, più funeste alla monarchia de’ papi delle innovazioni di