Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/208

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200 capo xxii.


Ma appunto verso questo tempo tante deluse speranze, tante frustrate vendette, la vecchiaia, l’amor del riposo, e l’indole istessa dell’uomo che si stanca di ogni sforzo che lo inquieta, e sopratutto di un odio continuo che è contro natura quando non è alimentato da passioni procellose o da stimoli esterni, parve che alquanto ravvicinassero i due Paoli. Il pontefice intento a conservare il suo stato, ad accrescere la fortuna de’ suoi nipoti, ad abbellir Roma e a ristorare il suo credito con opere pompose, depose poco a poco il suo risentimento contro Frà Paolo; alcuni avversari del quale erano spariti dal mondo, altri cadevano sotto il peso degli anni, e la sua costanza cominciava a trovare ammiratori fra personaggi distinti della Curia; la superstizione popolare lo considerava come un essere portentoso, tutelato parzialmente dalla Provvidenza che lo aveva tratto incolume e quasi per una serie di miracoli da tanti pericoli. Dal canto suo Frà Paolo inoltrandosi sempre più verso il confine della vita, incanutito sotto la moltitudine degli affari, cominciava a provare quella stanchezza e quell’amore alla solitudine e alla pace che suole andar di seguito ad una vita accompagnata da clamorose vicende: quindi cominciò a rasserenarsi e a considerare con occhio meno avverso il pontefice, e ne abbiamo la prova in varii pareri e consulti dove mostra un vivo desiderio di metter fine ai dissidi che ad ogni punto rinascevano fra i due governi. Un piccolo caso parve avere contribuito a restituire nella reciproca stima il pontefice e il frate. Il vescovo di Tine, accusato di malversazione dai Sin-