Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/73

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capo xix. 65

cipii del diritto politico, secondo i quali non tocca al pontefice a far leggi sulle relazioni e i commerci dei popoli; ma quella sua maniera di ragionare mostra ch’egli, per sfuggire le complicate questioni, si serviva degli argomenti ad hominem quando potevano bastare al suo proposito, e in tal caso concedeva ai papi una molto maggiore autorità che non è consentita dai presenti giuresonsulti.

Intanto che i Curialisti tribolavano i Veneziani in un modo, questi li mortificavano in un altro, seguendo l’uso antico. L’Inquisizione aveva imprigionato un Castelvetro, nipote del famoso Lodovico Castelvetro. I Dieci, colto il pretesto di far cosa grata all’ambasciatore inglese, lo fecero cavar di prigione senza dir nulla ai frati, e lo mandarono via. Tanta paura incuteva questo tribunale, che neppure il nunzio ebbe coraggio di dirne una parola. Un Teatino non volle assolvere un suo penitente, forse per qualche libro così detto proibito, i Dieci messero lui in penitenza: alcuni monaci di Padova per motivi di feudo avevano stabilita una giurisdizione sui loro contadini, e il governo veneto gliela levò. Il vicario di Padova scomunicò alcune monache per ragioni temporali; i Dieci lo bandirono: il papa impetrò grazia, ma indarno; interessò il duca di Modena, e fu lo stesso. Di tante offese e ripulse, ei si avvisò di vendicarsene nella occorrenza di una promozione di cardinali, non comprendendo nissun veneziano: cosa, diceva il Sarpi, per la quale merita di essere ringraziato.

I frati per destare qualche reazione nel popolo fecero ricorso alle solite frodi: subornarono alcune


Vita di F. Paolo T. II. 5