Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/103

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capitolo v 97


gendovi, e lui essere lontano ricordandomi. Deh, or non è questa mirabile cosa, o donne, che ciò ch’io veggio mi sia materia di doglia, né mi possa rallegrare cosa alcuna? Deh, quale anima è in inferno con tanta pena, che, queste cose veggendo, non dovesse sentire allegrezza? Certo niuna, credo. Esse, pur prese dalla piacevolezza della cetera d’Orfeo31, obliarono per alquanto spazio le pene loro; ma io tra mille strumenti, tra infinite allegrezze, e in molte e varie maniere di feste, non posso la mia pena, non che dimenticare, ma solamente un poco alleviare.

E posto che io alcuna volta a queste feste o a simiglianti con infinto viso la celi, e dèa sosta a’ sospiri, la notte poi, o qualora soletta trovandomi prendo spazio, non perdona parte delle sue lagrime, anzi piú tante ne verso, quanti per avventura ho il giorno risparmiati sospiri. E inducendomi queste cose in piú pensieri, e massimamente in considerare la loro vanitá, piú possibile a nuocere che a giovare, sí come io manifestamente, provandolo, conosco, alcuna volta, finita la festa e da quella partitami, meritamente contra alle mondane apparenze crucciandomi, cosí dissi:

«Oh, felice colui32 il quale innocente dimora nella solitaria villa, usando l’aperto cielo! Il quale, solamente conoscendo di preparare maliziosi ingegni alle selvatiche fiere, e lacciuoli a’ semplici uccelli, da affanno nell’animo essere stimolato non puote, e se grave fatica per avventura nel corpo sostiene, incontanente sopra la fresca erba riposandosi la ristora, tramutando ora in questo lito del corrente rivo, e ora in quell’altra ombra dell’alto bosco li luoghi suoi, ne’ quali ode i queruli uccelli fremire con dolci canti, e i rami tremanti e mossi da lieve vento, quasi fermo tenenti alle loro note! Deh, cotale vita, o fortuna, avessi tu a me conceduta, alla quale le tue disiderate larghezze sono di sollecitudine assai dannosa! Deh, a che mi sono utili gli alti palagi, i ricchi letti e la molta famiglia, se l’animo da ansietá è occupata, errando per le contrade da lui non conosciute dietro a Panfilo, non concedendo a’ lassi membri quiete alcuna?