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Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/153

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illativa, si come ella è nell’altre anime de’ dannati, e, oltre a ciò, vi sia la privativa. Ma, percioché ad alcuno passato di questa vita non si può alcuna cosa tórre che sua sia, se non solamente il corpo, vuole la divina giustizia che questi cotali si credano non dovere riavere il corpo loro, come l’altre anime daranno, comeché nella veritá essi il daranno come l’altre. E se forse si domandasse: in che sentono però queste anime dannate piu pena, avendo questa opinione, che l’altre non l’hanno? Si può cosi dire: che, come l’anime de’ beati disperano i corpi loro, accioché, come essi furono in questa vita partefici delle fatiche ad acquistar la gloria di vita eterna, cosi sieno con loro insieme partefici della gloria; cosi l’anime dannate ardentemente disiderano di riavere i corpi loro, accioché, si come strumenti delle loro malvagie operazioni furono in questa vita, cosi in quella dannazione gli sentano punire, e sostenere pene come sostengono esse; e perciò quegli, che di questo loro disiderio estimano d’esser privati, sentono, oltre alla pena illativa, similmente la privativa. E però avvedutamente l’autore fa questa opinione raccontare ad una di quelle anime, alle quali la giustizia di Dio permette di stare in lor maggior pena in questa erronea opinione; e cosi, senza aver detto contro alla veritá, si può dir l’autore avere come cristian poeta scritto]. «Noi eravamo». Qui comincia la terza parte principale del presente canto, nella quale, poi che l’autore n’ ha dimostrato che pena abbian coloro li quali nella propria persona usano violenza, ne dimostra una spezie di tormenti strana dalla primiera, data a certi peccatori le cui colpe non furono con quelle de’ primieri equali, percioché non in sé ma nelle lor cose usarono violenza. E dice cosi: «Noi eravamo ancora al tronco attesi, Credendo ch’altro ne volesse dire», avendo egli finito di dire quello che di sopra è scritto, «Quando noi fummo d’un romor sorpresi», il qual sentimmo farsi nella selva; e quinci per una comparazione dimostra come soprappresi fossero, dicendo: «Similemente a colui, che venire Sente il porco», salvatico, «e la caccia», cioè quegli e cani e uomini che di dietro il cacciano, «alla sua