Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/310

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Abbiamo poi il ricordo di questi altri due carmi, oggi perduti1:

1) quello che fu inviato al Petrarca poco avanti ch’egli movesse alla volta di Firenze e di Roma, e quindi intorno alla metá del 1350: primo rapporto diretto tra l’ammiratore devoto ed il letterato giá famoso, il quale ultimo volle rispondere con una epistola metrica rimastaci (III 17), che fu a sua volta accompagnata da un’epistola in prosa (Fam., XI 2) del gennaio 1351. Da quest’ultima ricaviamo qualche indicazione sul contenuto della missiva boccaccesca: «Magnum tempus effluxit ex quo carmen tuum onustum querimoniis ad me venit; cuius, quantum meminisse valeo, summa erat quod, cum inter vulgares etiam profanosque crebra otii mei vulgarentur opuscula, tu unus, quo nemo rerum mearum appetentior, nemo ex eis solamen gratius percepturus, expers talium habereris»2;

2) quello inviato, presumibilmente da Ravenna e nel 1353, all’amico Checco Rossi, che rispose con una quarantina d’esa-



    dal Narducci (Di un Catal, cit., p. 11), Laurenziani XC sup. 131 e Strozz. 105 e 173, si possono aggiungere il Laur. XC sup. 97-11, il Nouv. acq. lat. 650 della Nationale di Parigi, e altri ancora; per le stampe cfr. Hortis, op. cit., p. 793.

  1. Si potrebbe anche pensare ad un terzo e ad un quarto. I tredici esametri sul corso dell’Arno, che fan parte del dizionario geografico boccaccesco (Hortis, p. 257), non saranno un frammento di piú ampia composizione, che in séguito sarebbe stata rifiutata dall’autore? Troviamo poi nella Fam. XVIII 15 del Petrarca l’accenno ad un altro scritto dell’amico: «Legi Syracusas tuas et Dionysium intellexi». Che cos’era questa Syracuse? Si pensa ad un’allegoria, poiché il Petrarca dice di aver capito o riconosciuto Dionisio; e dal séguito dell’epistola sembra di poter sospettare che il Bocc. vi si mostrasse disgustato della poesia, forse per conseguenza della recentissima coronazione pisana di Zanobi da StradaAn forte quia nondum peneia fronde redimitus sis, poeta esse non potes?»). La lettera è, si badi, del 20 dicembre 1355. Che l’allegoria fosse svolta in un carme, ammesso il presupposto, è perfettamente verisimile. Quanto alla spiegazione delle allusioni, cfr. Foresti, Giorn. stor., LXXVIII, pp. 338-39.
  2. Il Petrarca accenna al medesimo carme nella Fam. XXI 15, dove ricorda che il Bocc. gli mosse incontro quando s’avanzava verso Firenze, ma che prima che del viso gli aveva fatto conoscere l’aspetto del suo ingegno, «premisso haud ignobili carmine». Il Foresti, il quale determinò esattamente la data e la storia dell’epistola metrica petrarchesca, accostò troppo, per altro, il viaggio alla poesia del Bocc., facendola «della seconda metá inoltrata del 1350» e immaginando buttato giú nel settembre il primo getto della metrica III 17 (Per la storia del carteggio di F. Petr. con gli amici fiorentini, II. L’epistola metrica al Bocc., nel Giorn. stor., LXXIV [1919], pp. 251-3).