Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/317

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nota 311

ghe1; su per giú le stesse variazioni si possono riscontrare nei carmi. Negli autografi le oscillazioni tra forme diverse sono assai frequenti, con tendenza a diminuire di mano in mano che la perizia del latinista si afferma, e presumibilmente per il contatto col Petrarca; maggiore coerenza e costanza si riscontrano nelle copie di penna altrui, ma qui spesso l’uso è alieno dal boccaccesco accertabile. Nel primo caso fu mia cura eliminare le oscillazioni, moleste al nostro modo di vedere; nel secondo, ripristinare prudentissimamente le forme presumibili originarie: operazioni delicate ambedue, ma in modo particolare la seconda, delle quali renderò conto qui appresso per ogni lettera o per gruppi di lettere.

L’altro problema riguarda il cursus ritmico, che sul modello delle epistole dei dictatores medievali il Bocc. seguí con rigoroso scrupolo, ma insieme con esuberante ricchezza di forme, nella prosa latina giovanile. Si può all’incirca fissare anche qui sino al 1350 il persistere di quest’uso; in séguito il ritmo, ancora per conformitá sempre crescente col Petrarca, cede via via il campo all’andamento che direi classico2. Le epistole in cui sono applicate le norme ritmiche son dunque soprattutto le solite cinque di ZL, dove l’attento studio dell’interpunzione originale rivela clausole ritmiche e conseguentemente suscita interpretazioni che il Traversari, ignaro dell’uso di questo strumento, non potè nemmeno intravvedere, ma che furono giá avanzate da altri studiosi, primo in ordine di tempo il Mascetta-Caracci, poi il Parodi ed il Sabbadini3; alla sua volta, il cursus aiutò a ricostituire qualche lezione erronea che il Bocc., ricopiando senza troppa diligenza ed attenzione le cose proprie, si lasciò scivolare dalla penna. Osservò il Parodi che il cursus velox (p. es. Épyri prin-



  1. Al secondo tipo si riduce invece, press’a poco, la grafia primitiva e originaria di questo codice.
  2. L’analisi minuziosa rivela che le leggi del cursus sono tuttora fedelmente osservate nell’ep. (o, meglio, frammento) VII; con l’VIII, ch’è del 1353, esse si allentano sino a cessar d’agire: tuttavia una certa predilezione per le finali di periodo ritmiche restò pur sempre nell’orecchio del Bocc., per la loro sonoritá che doveva essergli assai gradita.
  3. Cfr. L. Mascetta-Caracci, nella riv. La Biblioteca degli Studiosi, II [1910], pp. 220-21; E. G. Parodi, Osservazioni sul ‛cursus’ nelle opere lat. e volg. del Bocc., nel vol. Studii su G. Bocc., Castelfiorentino, 1913, p. 232 sgg.; R. Sabbadini, Sul testo delle lett. autogr. del Bocc., nei Rendiconti del R. Ist. Lombardo di scienze e lettere, serie seconda, XLVIII [1915], p. 322 sgg.; id., Intorno allo Zib. boccacc. cit., nel Giorn. stor., LXVI, p. 406 sgg.