Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/318

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312 nota

cipátus 10911) è prevalentemente usato in fine di periodo o di clausola: ma non mancano piedi meno comuni, accanto a quello e agli altri due principali, il tardus (nóvit serénitas 1097) e il planus (affectánter expósco 1109). In primo luogo è da riconoscere un tipo secondario di velox, avente un dattilo al posto del secondo spondeo (láudis bárdus áderam 116312); largamente documentata è anche la forma che direi di planus regresso, e cioè con lo spondeo prima del dattilo (Nón lacíniam 11714 oppure eórum fácies 118223). Frequentissimo, e non nei soli membretti minori, è l’uso dei succedanei del planus e del tardus, sul modello rispettivamente dei danteschi témpore méssis e núptias próperat4. Infine sono da segnalare alcune formazioni speciali consistenti nell’aggiunta di un dattilo o di uno spondeo al velox5; esse non furono riconosciute sin qui da altri studiosi6. Ora, nella



  1. Da ora innanzi i rinvii sono fatti alla pagina ed alla linea del testo.
  2. Si tenga presente che laudis conta per tre sillabe, essendo normale presso il Bocc. l’impiego di au come bisillabo. Ciò fu avvertito dal Parodi (art. cit., p. 237 e n. 1) e dal Sabbadini (Rendic., cit, p. 325), i quali tuttavia nel caso in questione non seppero riconoscere il piede, sospettando l’uno ed affermando l’altro che qui sia da leggere adéram. Un analogo mancato riconoscimento ebbe luogo a proposito del piede meéque salútis áderit 11318, dove per essi le ultime due parole avrebbero formato un planus con l’inammissibile spostamento d’accento adérit; similmente il Par. non riconobbe i piedi fráctis sic cèpi dicere 12118 e quòd in procèssu témporis ivi33. Ai quattro esempi recati da lui nella n. 2 a p. 237 potrei aggiungere piú d’una dozzina, ed un’altra mezza ricorrendo al I degli Scripta breviora; notevole specialmente Òpto ut béne váleas 12431 , perché in fine di periodo, come sérviat cito sérviens 12330 rilevato giá dal Parodi.
  3. Quest’ultimo è il solo che resiste degli esempi offerti dal Parodi (p. 237, n. 2), perché reseratis postibus 11120, che a lui lasciava «qualche dubbio», non ha infatti ritmo; e quanto a bárdus áderam e procéssu tèmporis, si osservi la n. precedente.
  4. Gli esempi son del Parodi (l. cit.), e di lui anche l’osservazione. Per il planus irregolare egli rassegna come «molto dubbio» il piede super lítora úda 11121, che sarebbe in fine di periodo: non per tale posizione (cfr. infatti íra quam mítis 1217, egualmente in fine), ma per quello spiacevole iato ho creduto di dover emendare invertendo, in modo da dar luogo ad un velox (qui, p. 316). Anche l’altro tipo ricorre in fine di periodo: p. es., laudabílior quéritur 1102, ultérius prótelor 1229, ecc.
  5. Esempi di vel. piú dattilo: ánimam èt vecórdem póterunt 1119, còmmodum sèmel ántelúcio ivi19, sacratíssimum nómen véstrum íncidit 11227, Várronem quidem nóndum hábui 12817 (per l’accento Várronem cfr. qui, p. 313, n. 2); di vel. piú spondeo: tértium célum glóriósum 11233, séquitur Àmalthéa máter 11933.
  6. Il Parodi, nel luogo piú volte cit., comprese il penultimo esempio dei riferiti nella n. precedente tra le «serie di parecchi spondei», che non esistono affatto, tant’è vero, che nessuno dei casi da lui raccolti sotto quest’etichetta sussiste (nel primo dei cinque, obganniri reminiscor 11515, la sua congettura obgannirier, da