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Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/367

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nota 361

ZL (cc. 61 r-62 r). Qui esso fu lasciato anepigrafo1, e ricevette in calce la sottoscrizione dell’autore nella solita dicitura Ioannes de Certaldo, piú tardi abrasa2: nessun dubbio è pertanto lecito sulla sua autenticitá. Circa la sostanza dello scritto, ch’è forse la piú antica esercitazione letteraria del Nostro, basta rimetterci ai penetranti rilievi del Torraca3, accolti senza riserve dal Sabbadini, il quale aggiunse la constatazione che nel passo sono osservate le regole del cursus4.

Un certo numero di emendamenti è stato imposto dalla scarsa bontá della copia, che non si avvantaggia in diligenza sulle altre scritture di ZL; essi sono i seguenti: amphytrites 2317, ms. amphytrices; coperuit ivi11, ms. cohoperuit, mutato per mettere in evidenza il cursus (véste copéruit è un tardus) sull’analogia di quel che fu fatto per un’altra voce dello stesso verbo nell’ep. III5; semine ivi, ms. seminis (si potrebbe anche pensare a semini[bu]s); et innanzi a cum ivi13, suppl. da me; reliquerunt 23211, ms. relinquerunt; argenteam vitam ivi15, ms. argentea vita; cane 2339, ms.



  1. Il titolo De mundi creatione, riprodotto dall’Hortis, non è genuino ma apposto da un tardivo lettore o possessore (secolo XVI o XVII); esso non ha, d’altronde, quasi nessuna attinenza col soggetto dello scritto. La stampa presenta una cinquantina d’errori di lettura abbastanza gravi (p. es., pacem invece di peccatum 23118, evitorio per aiutorio 2327, Phebe per prebe 23431, madent per mandet 23628, ecc.), oltre ad alcune ommissioni di parole: ortulum 23235, ostendit 23326 (surrogata da puntini perché non saputa decifrare), quem ivi34, patri 23526, nomen 23718; peggior guasto fu il salto di una linea intera di scrittura tra et 2348 e tanti ivi10.
  2. Ma «jetzt deutlich» secondo lo Hecker (op. cit., p. 37); invece il Biagi, nella descrizione premessa alla riproduzione fototipica del ms., dichiara visibile solamente Iohannes d. .. .. do (p. 6).
  3. G. Bocc. a Napoli cit., pp. 185-7.
  4. Giorn. stor., LXVI, p. 407. Per il cursus si vedano le mie osservazioni qui addietro, p. 312 sg.; nell’Allegoria ricorrono tutte le forme di piedi giá riscontrate nelle epistole. Ecco il velox del tipo láudis bárdus áderam (p. 312, n. 2): ígitur íbi gérmina 2338, víribus nón convéniunt 23436, córnua víres pérdere 23519, e qualche altro; ecco il planus regresso: íntrant óriulum 23316; assai numerosa la serie del tipo témpore messís e dell’altro núptias próperat, riscontrati una quarantina e una ventina di volte rispettivamente, anche in fine di periodo (p. 312, n. 4): tali cáusa fúit 23426, dedúcere cúrrum ivi34, mortále quod òptas 2351, compéscuit ígne 2378 per il primo, e íter ab Èolo 23130, vidèbis et ália 2359, vulcánia múnera ivi12, inferís patuit 2373 per il secondo. Un velox piú dattilo: velócibus Hòris équos iúngere 23520; un vel. piú spondeo: quádrupedumque dècorávit 23111, pública múndi Phèbe páter 23427. circumferèntie súmmet quia plánum 2366. Per l’accentuazione (cfr. p. 313 e n. 2) si osservi Elícone Músas 2344.
  5. Cfr. p. 318.