Pagina:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu/20

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xii Avvertenza

avesse a cui somigliarsi tra molte in quello mezzo da lui vedute.’ Da queste ragunate di belle donne, evidentemente, sortì la sua prima origine la nostra operetta, alla quale vorrei assegnare perciò la data 1334 o 13351; e così essa verrebbe a costituire uno degli esempi più antichi del genere poetico a cui appartiene, ossia dei componimenti ove si nominano per ragion di lode più donne insieme. Senza occuparci qui della letteratura provenzale, nella nostra sino al Boccacci tal genere è rappresentato, oltre che dal perduto serventese dantesco ond’è ricordo nella Vita Nuova, da un capitolo semipopolare di Antonio Pucci, ch’è appunto dell’anno 1335, e da un altro capitolo boccaccesco del 1342, che figura qui avanti2.

Nelle Rime, invece, abbiamo il più immediato e sincero documento di quell’affetto che avvinse indissolubilmente il cuore dell’ardente poeta alla splendida inspiratrice delle sue migliori opere giovanili.

Quando il Boccacci la vide per la prima volta (mi sia lecito ripeter qui ciò che ò scritto altrove3), la Fiammetta, ossia, secondo una recente identificazione, madonna Giovanna Sanseverino contessa di Mileto, che a padre putativo riconosceva Tommaso d’Aquino conte di Belcastro e a natural genitore il re Roberto,

  1. Certo, la Caccia è anteriore all’Amorosa Visione (1342), come si può arguire dal fatto che in questa appar maritata una donna che in quella è invece chiamata ancora col cognome paterno: cfr. p. 27, n. 3.
  2. LXIX, p. 101.
  3. Da questo punto sino alla fine del paragrafo, riproduco parte del mio discorso Giovanni Boccacci nella sua lirica, stampato nell’ultimo fascicolo (XXII, pp. 58-63) della Miscellanea storica della Valdelsa.