Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/LXIX

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LXIX. Contento quasi ne’ pensier d’amore

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Rime - LXVIII Rime - LXX
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LXIX.


Contento quasi ne’ pensier d’amore,
     Soletto un giorno in essi dimorava,
     Imaginando il suo alto valore;
E, mentre dolcemente più pensava,
     Amor m’apparve con gioioso aspetto,5
     Ver me dicendo: — Qual pensier ti grava?
Non istar qui, ch’amoroso diletto
     Ti mosterrò, se ttu mi seguirai,
     Di belle donne, in fresco giardinetto. —
Allora in piedi ritto mi levai,10
     Seguendo lui, che diritto sen gio
     In un giardin dilettevole assai.
Lasciommi quivi, e disse: — Mentre ch’io
     A tornar penerò, fa che m’aspetti — ;Fonte/commento: editio maior
     E volando da me si dipartio.15
Ma e’ non stette guari, ch’io vedetti
     Lui ritornar con dodici donzelle1
     Gaie leggiadre e con gentili aspetti.

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Tutte eran fresche dilicate e belle,
     D’erbe e di frondi verdi coronate,20
     Negli occhi lor lucenti più che stelle.
Tutte danzando venieno ordinate
     Su un bello prato d’erbette e di fiori,
     Nel qual danzando Amor l’avea menate.
Fessi ver me Amor: — Tu, che di fori25
     Della danza dimori, riguardando
     Ne’ belli occhi a costoro i miei ardori,
Odile nominare, sì che, quando
     Forse sarai di fuor da questo loco,
     D’onorarle disii per mio comando.30
Tra l’altre, che più guarda il nostro foco
     Con senno e con virtù, costei è quella,
     Allato ad cui con allegrezza gioco.
Di Giachinotto monna Icta s’apella,
     De’ Tornaquinci2, e Meliana è colei,35
     Di Giovanni di Nello3, ch’è dop’ella.
E la Lisa e la Pechia, che con lei

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     Vengono appresso, amendune figliuole
     Di Rinier Marignan4 son saper dei5.
A nostra danza quinta è il tuo sole,40
     Ciò è quella Fiammetta, che tti diede
     Colla saetta al cor, ch’anchor ti dole.
Ell’è più bella ch’altra, ma nol crede
     Chi non riguarda lei con gli occhi tuoi6,
     Però che tanto avanti alcun non vede.45
E la bella lombarda segue poi,
     Monna Vanna chiamata7, e, se ttu guardi,
     Nulla più bella n’è con esso noi.
Di Filippozzo Filippa de’ Bardi8
     Seguita bella, e poi monna Lottiera950
     Di Neron Nigi10 con soavi sguardi.

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La Vanna di Filippo11, Primavera
     Da tal conosci tu degna chiamata12,
     Vedila poi seguir nostra bandiera.
Allato allato a llei vedi honorata55
     Sismonda di Francesco Baroncelli13,
     E poi, appresso lei, acompagnata
Niccolosa è di Tedice Manoelli14
     Insieme appresso con Bartolomea
     Di Giovanni15: Beatrice cre’ s’apelli16.60
E benché ’n fine della danza stea,
     Non è men bella, ma vien per riscossa,
     Come tu vedi — ; et io ben lo vedea.
Tacquesi allora, e lla danza fu mossa
     Sopra bei fiori e sotto verde fronda,65
     Che a’ raggi solar toglieva possa.

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(Fot. Alinari).

FIGURE DANZANTI (di P. Lorenzetti, nel Palazzo Comunale di Siena).


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Onde ciascuna di quella gioconda
     E bella danza, gaia e leggiadretta,
     A cantar cominciò, come seconda,
Questa leggiadra e bella canzonetta17.Fonte/commento: editio maior70


Note

  1. Son quelle nominate nei vv. 31-60. In un mio studio particolare (Il serventese boccaccesco delle belle donne, nel recente volume commemorativo degli Studi su G. Bocc., Castelfiorentino, p. 55 e sgg.) ò mostrato che la poesia fu composta entro l’anno 1342, nel medesimo periodo in cui furono scritti, o compiuti, l’Ameto e l’Amorosa Visione; ivi furon anche raccolte le notizie biografiche delle donne nominate nel serventese, che riassumerò nelle note successive.
  2. Giachinotto di messer Neri de’ Tornaquinci, fiorentino, del Sesto di San Pancrazio, fu tra i soldati delle cavallate spedite a Pistoia nel 1313, e morì nel 1370; monn’Itta, sua figlia, potrebb’essere identificata con un’omonima che fu moglie di Piero Pantaloni e morì nel 1354.
  3. Identificabile forse con una madonna Meliana moglie di Giovanni Cristofani, ricordata con onore da Antonio Pucci in un suo serventese del 1335. Figura tra le ninfe dell’Ameto sotto il nome di Emilia. Giovanni di Nello, spetiarius, è ricordato tra i consiglieri del Comune fiorentino appunto nel 1342; morì nell’agosto 1347, e fu sepolto il 15 di questo mese.
  4. Messer Ranieri di messer Marignano de’ Buondelmonti fu podestà di San Gemignano nel 1309, di Cremona nel 1311, di San Gemignano ancora nel 1312, e combatté tra i feditori del suo Sesto (di Borgo) nelle battaglie di Montecatini e dell’Altopascio. La Lisa sua figlia, morta nel 1363, sposò innanzi al ’35 messer Simone di Chiaro Peruzzi; per sua istanza furon volgarizzate da ser Filippo Ceffi le Eroidi ovidiane. Della Pecchia non si sa nulla.
  5. «Devi sapere che sono ecc
  6. Ossia, con occhi d’innamorato.
  7. È ricordata, con grandi elogi alla sua bellezza, nell’Amorosa Visione (XL, 40 e sgg.), e figura nell’Ameto sotto il nome di Acrimonia.
  8. Filippozzo di Gualterotto de’ Bardi, morto il 12 settembre 1327, ebbe da Caterina di messer Vieri de’ Cerchi la figlia Filippa, che sposò nel 1342 messer Francesco Rinuccini.
  9. Figlia di messer Odaldo della Tosa; fu ricordata dal Pucci nel predetto serventese del 1335, dal Boccacci nell’Amorosa Visione (XLIII, 79-84) e nell’Ameto (Mopsa), e da Sennuccio del Bene in un delicato sonetto indirizzatole. Morì nel luglio 1347.
  10. Nerone di Nigi di Dietisalvi, parecchie volte priore del suo Comune tra il 1326 e il ’64, gonfaloniere di giustizia nel 1337 e ’50, uomo di ‘turpissima sembianza’ (Ameto), fu il marito di Lottiera.
  11. Filippo di Bartolo Filippi, priore nel 1361, ebbe in moglie una Vanna che, celebrata anche dal Pucci, è assai probabilmente da identificare con la donna di cui si parla qui.
  12. «Degnamente chiamata Primavera da tal che tu conosci»: potrebbe in queste parole alludersi ad Antonio Pucci, amico del Boccacci (cfr. il son. LXXXI), che nel suo serventese ‘usa per monna Vanna espressioni così apertamente soggettive, in contrasto con la qualità degli elogi che fa a tutte le altre da lui ricordate, che non repugnerebbe immaginare nelle parole del nostro poeta una tal quale allusione alle simpatie dell’amico’ (Il servent. boccaccesco cit., p. 63).
  13. Gismonda di messer Francesco Scali fu moglie di Francesco di Tano Baroncelli.
  14. Tedice Manovelli, priore nove volte dal 1283 al 1318 e gonfaloniere di giustizia nel 1301, fu il padre di Niccolosa, che sposò innanzi al 1335 messer Tommaso di Tegghiaio Altoviti.
  15. È probabilmente la Bartolomea figlia di Gherardino Gianni o di Gianni (priore quattro volte tra il 1313 e il ’30), moglie di Nastagio di Lapo Bucelli morto nel 1352; la nomina tra le altre belle il serventese del Pucci.
  16. «Credo che s’appelli.»
  17. La ballata che segue al n. LXX. Non è questo l’unico esempio che si conosca di poesie metricamente dissimili ma congiunte insieme per il concetto.