Pagina:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu/21

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Avvertenza xiii

avea forse già fatto più d’una deroga alla fede coniugale. La vita lussuosa spensierata e brillante che a Napoli si conduceva in quei giorni dall’aristocrazia dietro l’esempio dei principi del sangue, le giostre e i banchetti, le gite in barca sul golfo, la promiscuità facile delle dimore estive a Baia e al capo Miseno, offrivano alle belle dame tentazioni continue, che quelle non avevano, non tutte almeno, la virtù di rintuzzare. La stessa Fiammetta è dal Boccacci rappresentata in atto di vantarsi delle passioni destate, dei tesori fatti sperperare in suo onore, delle invidie e rivalità seminate fra i suoi corteggiatori; per bocca del più famoso di questi, ella stessa, accingendosi a raccontare la storia del suo legame con Caleone, dichiara di trasceglier quello espressamente, tra ‘molti amori ferventi’ che le si riaffacciano alla memoria.

Le fasi della passione che la bionda contessa infiammò nel cuore del Boccacci, studente ormai di diritto canonico e ammesso liberamente alla corte e nei ritrovi della nobiltà, si possono con sicura chiarezza seguir nelle opere composte in questo periodo, e segnatamente nelle Rime. Assai lungo e doloroso fu il corteggiamento; per quanto la distanza sociale tra il borghese, figlio del banchiere toscano ben accetto al re, e la nobile dama, imparentata con le più alte famiglie del Regno e discendente per parte di ambedue i genitori da due fratelli di san Tommaso d’Aquino, fosse molto minore di quello che da alcuno si potrebbe credere, è certo tuttavia che la superba Fiammetta per anni interi mostrò di non accorgersi del meno cospicuo tra’ suoi ammiratori, se non per incitarlo a scrivere di sé e per sé. Alla fine la costanza dell’innamorato trionfò; ed appunto du-