Pagina:Boccaccio - Decameron I.djvu/82

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78 giornata seconda

cosa in sua scusa voleva udire: anzi, per avventura avendo alcuno odio ne’ fiorentini, del tutto era disposto a volerlo fare impiccar per la gola ed in niuna guisa rendere il voleva al signore, infino a tanto che costretto non fu di renderlo a suo dispetto. Al quale poi che egli fu davanti, ed ogni cosa per ordine déttagli, porse prieghi che in luogo di somma grazia via il lasciasse andare, per ciò che infino che in Firenze non fosse sempre gli parrebbe il capestro aver nella gola. Il signore fece grandissime risa di cosí fatto accidente, e fatta donare una roba per uomo, oltre alla speranza di tutti e tre di cosí gran pericolo usciti, sani e salvi se ne tornarono a casa loro.

[II]

Rinaldo d’Asti, rubato, capita a Castel Guiglielmo ed è albergato da una donna vedova; e de’ suoi danni ristorato, sano e salvo si torna a casa sua.


Degli accidenti di Martellino da Neifile raccontati senza modo risero le donne, e massimamente tra’ giovani Filostrato, al quale, per ciò che appresso di Neifile sedea, comandò la reina che novellando la seguitasse; il quale senza indugio alcuno incominciò:

Belle donne, a raccontarsi mi tira una novella di cose catoliche e di sciagure e d’amore in parte mescolata, la quale per avventura non fia altro che utile avere udita, e spezialmente a coloro li quali per li dubbiosi paesi d’amore sono camminanti, ne’ quali chi non ha detto il paternostro di san Giuliano spesse volte, ancora che abbia buon letto, alberga male.

Era adunque, al tempo del marchese Azzo da Ferrara, un mercatante chiamato Rinaldo d’Asti per sue bisogne venuto a Bologna; le quali avendo fornite ed a casa tornandosi, avvenne che, uscito di Ferrara e cavalcando verso Verona, s’abbatté in alcuni li quali mercatanti parevano, ed erano masnadieri ed uomini di malvagia vita e condizione; con li quali ragionando incautamente s’accompagnò. Costoro, veggendol mercatante ed