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Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/222

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216 giornata nona

levato s’era, e tornandosene, senza della culla curarsi, nel letto se n’entrò. La donna, avendo cerco, e trovato che quello che caduto era non era tal cosa, non si curò d’altramenti accender lume per vederlo, ma garrito alla gatta, nella cameretta se ne tornò, ed a tentone dirittamente al letto dove il marito dormiva se n’andò: ma non trovandovi la culla, disse seco stessa: — Oimè, cattiva me! vedi quel che io faceva: in fé di Dio, che io me n’andava dirittamente nel letto degli osti miei! — E fattasi un poco piú avanti e trovata la culla, in quello letto al quale ella era allato, insieme con Adriano si coricò, credendosi col marito coricare. Adriano, che ancora raddormentato non era, sentendo questo, la ricevette bene e lietamente: e senza fare altramenti motto, da una volta insú caricò l’orza con gran piacer della donna. E cosí stando, temendo Pinuccio non il sonno con la sua giovane il soprapprendesse, avendone quel piacer preso che egli disiderava, per tornar nel suo letto a dormire le si levò da lato, e lá venendone, trovando la culla, credette quello essere quel dell’oste; per che, fattosi un poco piú avanti, insieme con l’oste si coricò, il quale per la venuta di Pinuccio si destò. Pinuccio, credendosi essere allato ad Adriano, disse: — Ben ti dico che mai sí dolce cosa non fu come è la Niccolosa! Al corpo di Dio, io ho avuto con lei il maggior diletto che mai uomo avesse con femina: e dicoti che io sono andato da sei volte insuso in villa, poscia che io mi partii quinci. — L’oste, udendo queste novelle e non piacendogli troppo, prima disse seco stesso: — Che diavol fa costui qui? — poi, piú turbato che consigliato, disse: — Pinuccio, la tua è stata una gran villania, e non so perché tu mi t’abbi a far questo: ma per lo corpo di Dio, io te ne pagherò. — Pinuccio, che non era il piú savio giovane del mondo, avveggendosi del suo errore, non ricorse ad emendare come meglio avesse potuto, ma disse: — Di che mi pagherai? Che mi potrestú far tu? — La donna dell’oste, che col marito si credeva essere, disse ad Adriano: — Oimè! odi gli osti nostri che hanno non so che parole insieme. — Adriano ridendo disse: — Lasciagli far, che Iddio gli metta in malanno: essi bevver troppo iersera. — La donna, parendole