Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/341

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nota 335


Ma né questo studio né una semplice enumerazione di segnature sono, com’è chiaro, da attendersi qui. Basterá ricordare, piú che le scarse e mal determinate notizie raccolte in proposito dal Borghini e passate poi ad altri autori1, quei pochissimi testi a penna che di tempo in tempo furono additati particolarmente come osservabili. Tra essi il piú curioso è quel fascicoletto giá Strozziano (S) che V. Follini illustrò con una lezione tenuta nel 18232, e che in sostanza si riduce ad una specie di estratto della cornice del Dec., costituito dalla «chiusa» delle prime nove Giornate, inclusevi le ballate corrispondenti ed inclusa a suo luogo l’intera novella IX, x; il tutto introdotto da una specie di preambolo satirico-morale e letterario, dove il nome del Bocc. è presentato in maniera da far intendere ch’egli fosse vivo ancora quando il singolare documento fu scritto3. Indiscutibile pertanto

  1. Annotazioni cit., p. 13; cfr. anche Manni, Ist. del Dec. cit., pp. 628-32. Per altre indicazioni si veda (oltre la prefaz. alla stampa lucchese del 1761, p. I, n. 1) E. Narducci, Di un Catalogo generale dei mss. e dei libri a stampa delle Biblioteche governative d’Italia, Roma, 1877, pp. 11-2: è una «Proposta al signor Ministro della P. I. nella quale si dá per saggio l’articolo Boccaccio». Un «testo antichissimo e perfetto» possedeva Pietro Bembo, ed è forse quel medesimo che nel 1582, quando Fulvio Orsini lo cercava per arricchirne la sua libreria, risultò scomparso (De Nolhac, La bibliothèque de F. Orsini, pp. 106, 278-9, 309).
  2. Sopra il piú antico cod. del Dec. del Bocc. contenente solo una parte di quest’opera e scritto vivente il Bocc. medesimo circa il 1354 o 1355, Firenze, 1828. È il secondo dei codicetti legati insieme nell’odierno ms. II. II. 8 della Nazionale Centrale fiorentina, di cui costituisce le cc. 20-37, numerate originariamente xxiiij-xlj. In calce alla prima facciata si legge: «Del Sen.re Carlo di Tommaso Strozzi 1670».
  3. Il preambolo fu stampato da G. Biagi, Il Dec. giudicato da un contemporaneo, negli Aneddoti letterari (Milano, 1887), p. 327 sgg.; il passo relativo al Bocc. è questo: «torniamo a commendare la fama di coloro i quali hanno a vostra reverenzia ad alcune belle e dilettevoli inventive dato composizione; de’ quali, infra gli altri di cui io al presente mi ricordo, si è il valoroso messer Giovanni di Boccaccio, a cui Iddio presti lunga e prosperevole vita come a lui medesimo è piacere. Questi da picciol tempo in qua ha fatti molti belli e dilettevoli libri, ed in prosa ed in versi, a onore di quelle graziose donne la cui magnanimitade nelle cose dilettevoli e vertudiose aoperare si contenta, e de’ libri e delle belle istorie, leggendole o udendole leggere, sommo piacere e diletto ne prendono, di che a lui n’accresce fama ed a voi diletto; de’ quali, infra gli altri, uno molto bello e dilettevole ne compuose titolato Decameron. Il quale tratta, siccome voi se l’avete udito leggere dovete sapere, d’una lieta compagnia di sette giovani donne e di tre giovani, i quali si partirono della cittá di Firenze ne’ tempi della mortalitá ed andaronsene ivi presso a dilettevoli luoghi diportando; i nomi de’ quali figuratamente furono questi: delle sette donne, la prima fu nominata Pampinea, la seconda Fiammetta, Filomena la terza, la quarta Emilia, la quinta Lauretta, la sesta Neifile, l’ultima Elissa; i giovani, il primo fue chiamato Panfilo, e Filostrato il secondo, l’ultimo