Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/342

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l’antichitá di questo, quantunque non forse cosí remota come aveva creduto l’illustratore del «Frammento magliabechiano» (col qual nome fu impropriamente designato S nella tradizione critica); anche la bontá della lezione è certo ragguardevole, specialmente al paragone con la copia Mannelli, ma non mancano segni palesi d’inquinamento1. Pessimi senz’altro, e da non tenere in conto che di mere unitá bibliografiche, diremo invece altri due codici dei quali è stato fatto conoscere per le stampe qualche saggio in occasione di nozze2. Finalmente sarebbe qui da discorrere del

    Dioneo. L’ordine dato tra loro fue che ciascheduno per uno giorno avesse la signoria della brigata e fosse chiamato re o reina, e quello che comandasse fosse ubidito di presente; di che a boce per tutti di concordia Pampinea fu chiamata reina per la prima giornata e fue coronata d’alloro: ed essa fue quella che diede l’ordine del novellare, e volle che, quando il sole fosse per tramontare, la nuova reina s’eleggesse, la 'lezione della quale istesse nell’albitrio di quella o di quegli che il dí avesse avuta la signoria, e la corona dello alloro si levasse di capo e coronasse cui le piacesse d’eleggere. Cosí ogni giornata, eletta la nuova reina la sera dinanzi, ella in prima dava ordine....». Il Biagi (p. 332) stampò, e non senza errori, sino a «l’ultimo Dioneo»; in S, c. xxv r, il proemio rimane in tronco senza segno d’interruzione alle parole «dava ordine», poi (c. xxvj r) comincia il vero testo con la rubrica Come alla prima Giornata si diede compimento sotto la signoria di Pampinea ed essa la nuova reina elesse; la fine si ha, egualmente in tronco, alla quarta riga della c. xij v, di cui il resto è bianco.

  1. Un raffronto di S con L fece giá il Follini (pp. 11-29) ricavandone piú di mezzo migliaio di varianti, per la maggior parte ortografiche; frequenti sono le trasposizioni e v’è anche qualche omissione. Letture caratteristiche: «cosa» in luogo di «tosa» I 26530, «rettore» al posto di «stradicò» I 33735, «laurea ghirlanda» per «la laurea» I 3387. Circa l’etá trovo che il Tobler giustamente ricusò di assegnare il «Frammento» al 1354 (n. 3 a p. 376 dello scritto che sará citato qui oltre). Naturalmente, anche il Foliini ammetteva che «questi pezzi» del Dec. «fossero tratti pure dall’originale», il quale, nel tempo che fu scritto S, sarebbe stato in condizioni migliori di quelle in cui fu trovato dal Mannelli, allorché era giá passato «per molte mani di curiosi lettori»; il Mannelli «forse lo ebbe dall’autore né lo restituí giammai», e dopo trattane la copia L, non è «inverisimile» che il prezioso cimelio «piú non si curasse, essendo in pessimo stato, o venisse come inutile lacerato» (pp. 9-10). Queste ipotesi son da mettersi in ischiera con le altre ricordate sú nel testo.
  2. Mi riferisco agli opuscoli Per le nozze Caimo Dragoni-Mattioli, Udine, 1829, e Nozze Tommasini-Broun XXI Giugno M.DCCCC.IJ Roma, [Perugia, 1902]; il primo è intitolato «Novella ed epistola tratte da un codice del secolo XIV», e la novella a sua volta reca il titolo «Madonna Dianora udinese, Novella di Giovanni Boccaccio giusta la lezione di un codice del secolo XIV» (l’editore, Q. Viviani, non ci dice nulla di preciso intorno ad esso, ma sembra di poter intendere che la novella X, v vi stesse a sé e che il ms. fosse di proprietá privata); il secondo, curato da E. Monaci, s’intitola «La novella di Griselda secondo la lezione di un ms. non ancora illustrato del Decameron», ossia del Chig. M. VII. 46, probabilmente quattrocentesco.