Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/172

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altri la Valle incantata, e assai il Porcile di Venere, e molti la Valle de’ sospiri e della miseria, e oltre a questi, chi in uno modo e chi in un altro il chiamano, come meglio a ciascun pare. Nè a me per abitazione è dato, perciocchè da potere più in così fatta prigione entrare la morte mi tolse, alla quale tu corri. È il vero che men dura stanza che questa non ho, ma di meno pericolo: e dei sapere, che chi per lo suo poco senno ci cade, mai, se lume celestiale non nel trae, uscir non ci può; e allora, com’io già ti dissi, con senno e con fortezza. Al quale io allora dissi: deh, se colui che può i tuoi più caldi disii ponga in pace, avanti che altro da te si proceda, soddisfammi a una cosa. Tu di’ che hai per abitazione luogo più duro che questo, ma meno pericoloso, ed io già, per le tue parole medesime, e per la mia ricordanza, conosco che tu al nostro mondo non vivi: quale luogo adunque possiedi tu? se’ tu in quella prigione eterna nella quale senza speranza di redenzione e s’entra e si dimora? o se’ in parte, che quando che sia speranza vera ti prometta salute? Se tu se’ nella prigione eterna, senza dubbio più dura dimora credo che vi sia che qui non è; ma come può ella essere con meno periglio? e se tu se’ in parte che ti prometta ancora riposo, come può ell’essere più dura che questa non è? Io sono, rispose lo spirito, in parte che mi promette senza fallo salute: e in tanto è di minore periglio che questa, chè quivi non si può peccare, perchè a peggio temer si possa di pervenire, il che continuamente qui si fa: e tanto molti in ciò perseverano faccendo, che essi caggiono in quello carcere cieco nel quale mai il divino