Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/255

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roso: ma pertanto a me toccò la volta, perchè la cosa dir che io ti dovea venire per la tua salute a riprendere in parte a me apparteneva, come di cosa stata mia: e assai manifestamente appariva, che di quella tu ti dovevi più da me vergognare che da alcun altro, siccome di colui al qual pareva che nelle sue cose alcuna ingiuria avessi fatta, meno che onestamente desiderandole: appresso a questo ciascun altro si sarebbe più vergognato di me di dirti quello delle mie cose che era da dirne che non sono io; nè era da tanta fede prestarli intorno a ciò quanta a me; senza che alcuno non avrebbe sì pienamente saputane ogni cosa raccontare siccome io, quantunque io n’abbia lasciate molte; e questa credo che fosse la cagione che me innanzi ad ogni altro eleggere facesse a dover venire a medicarti di quel male, al quale radissime medicine trovar si sogliono. A cui io allora dissi: qual che la cagione si fosse, quel credo che a te piace ch’io ne creda, e per questo sempre mi ti conosco obbligato: perchè io ti priego per quella pace che per te ardendo s’aspetta, con ciò sie cosa ch’io sia volonteroso di mostrarmi di tanto e di tal beneficio verso te grato, che se per me operare alcuna cosa si puote, che giovamento e alleviamento debba essere della pena la qual tu sofferi, che tu avanti che io da te mi parta la m’imponghi; sicuro, che quanto il mio potere si stenderà, senza fallo sarà fornita. A cui lo spirito disse: la malvagia femmina, che mia moglie fu, è tutta ad altra sollecitudine data, come puoi avere udito, che a ricordarsi di me: e a’ miei figliuoli ancora nol concede l’età, che piccoletti sono: parenti o altri non ho che di me